domenica 11 settembre 2011

"Blitz": an average english tale



Jason Statham è un idolo. E basta. Fa spesso film uguali, ma è un idolo.

Per poche cose riesco ad apprezzare i canali Mediaset. Ma di una cosa gli sono grato: con l’aiuto del destino, mi hanno fatto brillare il friccico ner core.
Vorrei che fossi un pirata in The Expendables
È capitato che una sera, nonostante avessi già il computer e quindi tra hard disk e internet un bel po’ di film da vedere, fossi alla televisione. Tralasciando l’autoerotismo olimpico, un revival della primissima adolescenza. Allora, quando finivi di mangiare, c’erano nell’ordine: su Rete 4 Walker Texas Ranger che vabbè, su  Canale 5 la Canalis o chi-per-ella che ogni quarto d’ora la strusciava in faccia ad Ezio Greggio fomentando il training in vista di Sydney 2000, e su Italia 1 Sarabanda. Chiudevi gli occhi sofferente e sognavi che ad Enrico Papi fosse successo qualcosa di imbarazzante e speriamo anche brutto in diretta mondiale, o che Ezio Greggio facesse il pagliaccio solo perché poggiato con le sue ignobili terga su un cono del traffico (i miti irrealizzabili di pischelli romantici e puerilmente illusi), o più semplicemente sognavi che almeno per quella sera tutto fosse concluso. Una volta constatato che il bestiario di casi umani necessario per l’allevamento della Berlusc Jugend fosse finalmente finito, aspettavi. Passato il canonico intervallo pubblicitario, quei bei venti minuti durante i quali riuscivi a leggere un intero Topolino al gabinetto (pausa cacca), capitavano delle cose meravigliose: poteva succedere che ti rivedevi per la quarta volta consecutiva Trappola di cristallo, Duri a morire, un Rambo che non fosse il primo, magari ti beccavi il filmone tipo Casinò su Rete4, se ti andava di culo ma di culo proprio sulla Rai c’era Jackie Chan, e, se proprio non c’era un cazzo, almeno il mercoledì (o il giovedì?) il buon Bud prendeva a pugni in testa tutti quanti. Bud è come il pane. E basta.

Dicevo, prima di perdermi nei meandri della memoria: un paio di anni fa, forse più, ero lì che (“essere lì che” è un altro phrasal verb di chi tradisce radici meneghine) facevo il revival dell’adolescenza, svaccato in mutande sulla poltrona alla “frittatona di cipolle e rutto libero”, e ho trovato su Italia1, nell’ordine: The Transporter seguito da Stone Cold – Forza d’urto. IO NON CI HO CAPITO PIU’ UN CAZZO. Mi son detto: «chi è quel pelato che si cosparge d’olio e piglia a calci in faccia la gente coi pedali delle biciclette?! Idolo assoluto sei già il top assoluto del mio cuore ti amo prendimi». E poi ho visto dei metallari volare coi chopper dentro e fuori le finestre di un palazzo di giustizia americano. Ruffo-uscito-completamente-di-testa.

Fu così che conobbi Jason Statham. Sono passati due o tre anni da allora, forse quattro o cinque, magari sei, magari anche chissenefrega, ma il mio rapporto con lui è sempre saldo. Oggi è un amore più consapevole, ho visto quasi tutta la sua filmografia, e posso spiegarmi meglio i sentimenti che provo nei suoi confronti:

1)Jason Statham è un idolo. Punto.
2)Jason Statham si fa il culo perché è un personaggio eclettico. Ma fa film sempre uguali.
3)È inglese nel modo giusto.
4)Fa almeno due film all’anno.
5)Non ha fatto ancora un film simpaticone in cui si prende in giro (Gnomeo e Giulietta non è mai esistito, e comunque grazie a dio lì doppia soltanto. Ma tanto non è mai esistito.)
6)Ha preso parte ad almeno quattro pietre miliari della storia del cinema che in confronto Bergman e Rossellini son due zarretti da giostre: The Snatch, Crank, Death Race, The Expendables. Ma fin qui non dico nulla di nuovo.

Considerando che l’ultimo punto è insindacabile per ogni persona che abbia voglia di capire qualcosa di cinema, si può capire perché ogni volta che c’è il Jason io smatti.
Dopo che ho visto che Blitz ERA GIA’ USCITO IN TURCHIA IL 5 DI MAGGIO (e io non mi spiego perché qui in Italia dobbiamo aspettare come i brubru - non me ne vogliano i turchi, nella fattispecie gli abitanti di Batman che magari me li ritrovo sul balcone convinti che io sia il Joker) son stato come un re senza corona e senza scorta a bussare per una settimana alla sua porta, e alla fine Marinella-Internet ha fatto il miracolo.

Adesso smetto di dire cagate e parlo del film.
Blitz è  il classico film minore inglese di Jason Statham, uno di quelli che si collocano nel dolce limbo tra le pietre miliari (vedere sopra) e i rari "aborti: film non solo brutti, ma dei veri e propri aborti" (In The Name of the King, Chaos). Visto e considerato che se c’è il Jason smatto, i rari aborti sono riuscito a vederli con un grado di sopportazione elevatissimo rispetto alla media-spettatore, quindi a maggior ragione son delle cagate indescrivibili.

Esatto.
L’inizio del film è una bomba e scusate ma lo spoilero alla grande perché non posso non raccontarlo (o meglio, potrei ma sono stronzo): è notte, Jason dorme, si sveglia, beve a canna un torcibudella alla Renzo Tramaglino, prende una mazza da hurling, «un misto tra l’hockey e l’omicidio» e va a beccare i tipici abitanti della notte lodinese: tre pischelli con tuta e cappuccio, di quelli che nella realtà ne muore accoltellato uno a settimana (o almeno era così quando vivevo a Londra). Qui avvengono duedicodue misfatti: 1)loro stanno rubando una macchina 2) il doppiatore del Jason in questo film è il tizio che dava la voce ai documentari di Sveva Sagramola a Geo&Geo. Ruffo colpito a morte ma continua a crederci. In dodici secondi netti il Jason gonfia i tre cappuccetti rozzi come delle zampogne sotto Natale. Stacco. L’indomani – Interno/Giorno. Lo psicologo della pula gli dice che è malato di violenza, che tutti i giornali ne parlano e che quindi deve dare un’abbassata al crestino. Il Jason che è pelato il crestino non lo abbassa, e comincia a dileggiare con britishness e lieve ironia lo psicologo: «tu hai la penna in mano, hai bisogno di tenere in mano dei simboli fallici». Poi lo carica e lo minaccia. Stacco. È morta la moglie del suo capo, la versione piùBritishmachepiùBritishnonsipuò del commissario Gordon di Nolan (altra città turca – no non è vero): dopo il funerale lui e il Jason vanno a ubriacarsi. Il capo si fa fottere le ceneri della moglie, ne ridono entrambi.Stacco. Dato che il suo capo è depresso e affonda l’anima nella bottiglia, viene sostituito dall’ex commissario del distretto di Bayswater. Il nuovo commissario è dichiaratamente ghei.

La fine del primo atto di un film spesso consiste nel presentare il problema, quello che rompe l’equilibrio della situazione di partenza: qui c’è un tizio che c’ha la fissa di ammazzare i poliziotti e che si fa chiamare Blitz. Ne ammazza un paio, ovviamente si crea il caso, il Jason che è psicopatico ma non stronzo ha fatto amicizia col nuovo commissario ghei (com’è giusto che sia) e indagano assieme, il tizio continua ad ammazzare i poliziotti, finisce che lo beccano. Senza neanche troppi colpi di scena. Questo è il film, hollywoodianamente riassumibile in tre righe. E sì che lo sceneggiatore è quello che ha scritto Moon.

La cosa apprezzabile però è che, come per i migliori film di genere, nonostante una trama ipersemplificata dove sei costretto a far succedere cose inutili per tirare avanti, il film ti passa liscio in cinque minuti. Certo, ci son buttate lì (altro phrasal verb) delle microtematiche inusitate per connotare i personaggi (l’omosessualità, la droga, la violenza non hanno la benché minima utilità nell'economia del racconto), ma per il  resto è un onesto e modesto film inglese con Jason Statham, con i suoi (pochi) picchi: Elliot Lester, uno che fa video musicali con Jessica Simpson, è riuscito a rendere figo un inseguimento a piedi per strada. Il che è un bell’andare in un film in cui il Jason quando fa lo stronzo fa riderissimo, quando pesta fa malissimo ma pesta troppo poco.


È la prima produzione della Lionsgate UK, e si vede. Attori (bravi) inglesi, atmosfera iperlondinese, ostentata attenzione per le minoranze sociali ed etniche, molti pub con ubriaconi lerci “di quelli che ci piacciono a noi” e uno strip club con le ciccione. 
Ohhsssììì!

Nel complesso ci siamo.