
Le care profumiere che al primo istante che le conoscete sembrano
delle persone fantastiche e che alla distanza, con l’esperienza, e anche perché
non si sono concesse, perdono molto del loro potere, finendo per dire solo una
cosa: niente. Delusion in the sky with diamonds.
Metafore sulla patata a parte, il discorso per “Le belve” di
Oliver Stone è più o meno lo stesso. Promette bene, e ti strafrega alla grande.
Una presa per i fondelli su molti livelli. Rima non voluta, ma gli ingredienti
ci sono tutti, a partire da un trailer che ti fa dire: «Paurissima! Benicio Del
Toro e il ciccione di Scientology che negli anni ’70 aveva la brillantina e
cantava Tell Me More che si
massacrano in un film sullo spacciodiddroga! E c’è anche la Salma travestita da sfinge! E le
maschere allegoriche mehicane! E c’è quello di Kick Ass che si bomba assieme ad un tizio sconosciuto megasurfer la
Gossip Girl e si ammazzano di cannoni
mentre il cartello mehicano è lì che rosica! Paura otra vez!». Poi scopri che:
-Tutte le cose del film che potevano essere interessanti si sono
viste nel trailer
-Benicio Del Toro è l’unico che lì in mezzo si salva ma solo
perché ha di suo gli occhi da pazzo e due baffi da far invidia a Lucia
Annunziata al mattino davanti allo specchio
-È tutto di una falsità disgustosa. Perché?
Perché vale il principio di Cowboy
VS. Aliens, secondo cui butti tutto quello
che c’è d’interessante nel trailer e/o nel titolo e/o nel merchandising con
l’obiettivo unico di far pagare il biglietto e intascarti il valsente, e se poi
è un film fatto dai clown pazienza e soprattutto stracazzi di chi ha scucito
ottoeuroemmezzo al signor UCICinemas. Ma andiamo per ordine, semplificando e
inaridendo:
.Sceneggiatura dimmerda CHECK
.Bellissimi di Rete4 per far andare le tipelle al cinema
CHECK
.Bel fighino per far andare gli zarri al cinema CHECK
.Attori famosi e comparsate stylish per far andare la gente
normale al cinema CHECK
.Assenza di qualsivoglia plausibilità CHECK
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Minchia troppo selvaggio il triangolo |
.Assenza di azione CHECK
.Violenza che copre l’assenza di tutto il resto finendo a
parlar male dei messicani CHECK
.Velato - ma non troppo - amore omosessuale tra i bellissimi
di Rete4 CHECK
.Promozione del sogno ammeregano CHECK
.Cose senza senso all’inizio e alla fine indice
dell’eccessivo amore per le sostanze psicotrope di cui sono affetti gli
sceneggiatori CHECK
.Conseguente giramento di maroni dello spettatore che ha
scucito ottoeuroemmezzo sperando di vedere un bel film CHECCKISSIMO
Ma spieghiamoci.
Il film inizia con una frase che già vorresti mandare a quel
paese tutti. TUTTI. Chi l’ha scritta, chi l’ha recitata, chi l’ha doppiata, chi
l’ha prodotta, chi l’ha girata. Siamo sulla classica spiaggia al tramonto con
un filtro di Instagram applicato alla camera, dove la Gossip Girl sta
camminando sognante e innamorata, dicendo: «Se vedete questo video non
significa che sia viva. Ma forse sì. Ma forse no. Ma forse sì. Speriamo che
serva a farvi venire voglia di guardare il film». E non mi sono allontanato
troppo dalle battute originali. Con questa frase Oliver Stone ti sta dicendo
che non sa una cippa di cosa fare e che tirerà fuori un film dallo sviluppo
consequenziale azione-reazione in cui metterà un finale a sorpresa piuttosto
equivoco, sperando che lo stylish e il sangue e la classica ambientazione da
storia di droga in Messico servano a salvare tutto quanto. Casca male.
Per il resto abbiamo una coppia di amici, uno è un soldato
che ha combattuto (ammazzato forse è più appropriato) in Afghanistan, l’altro
ha una laurea in chimica ed una in economia: assieme producono marijuana e si
bombano la Gossip Girl, alternati o assieme, «perché siamo hippy, ci
facciamo le canne e andiamo sul surf». La marijuana che producono pare sia
la mejo der monno e questo scoccia non poco i cartelli messicani che prima con
le buone e poi con le cattive li costringono a vendergli il loro prodotto. Con
le cattive significa che rapiscono la biondina. I nostri eroi, innamorati di e
tra loro stessi e di O, la Gossip Girl (se è un omaggio a Histoire d’O andatevene, anche perché non c’entra nulla), si
adoperano per riprenderla attraverso le loro conoscenze, militari e personali
(il corrotto agente della DEA John Travolta) e succede il gran casino, dove
Benicio si diverte a far scorrere sangue, fino al finale.
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Belli belli belli in modo assurdo |
Ecco, il finale. Alla fine del film succede tutto e il
contrario di tutto, letteralmente. C’è un finale dove muoiono tutti, e poi un
altro dove si salvano le chiappe e vanno a vivere felici e contenti in
Indonesia, ad amarsi, a farsi le canne, a surfare e «a vivere come selvaggi». Testuali
parole. Questo vuol dire due cose: 1) per tutto il film hai pensato che i
selvaggi fossero i messicani che mozzano teste con le motoseghe e frustano la
gente in faccia, e invece sono loro, yuppie milionari, che sono selvaggiamente
fighi nello spacciare e farla in barba a tutti quanti; 2) che il messaggio
mandato è «siamo selvaggiamente fighi yeah bella che fighi gli americani nel
fregare e ammazzare i messicani che spacciano yeah noi spacciamo senza dare
fastidio a nessuno yeah ma se ci rompete le palle allora sì che diventiamo più
selvaggi di voi yeah», abbastanza in linea con l’idea e l’ideologia del sistema
che li ha prodotti.
La cosa che conferma un poco questo mio sospetto sono le maschere
usate dai protagonisti delle quali una ben visibile nella locandina: non sono
un grande esperto, ma so che quel tipo di maschera veniva usato per celebrare
la vita nella morte durante rituali di varia sorta (va bene far gli sboroni ma
non mi spingo oltre perché non posso), ma soprattutto era usato dai
“colonizzati”, dai nativi americani delle civiltà precolombiane, per difendere
la propria identità culturale al momento dello scontro (sterminio forse è
meglio) con l’ispanizzazione e la cattolicizzazione. Sono giunte fino a noi
riadattandosi e mescolandosi con le culture dominanti nel corso dei secoli (ri-leggi
cattolicesimo), comunque mantenendo questo significato; qui i protagonisti le
fanno proprie per resistere e minacciare la messicanizzazione del cartello che
a sua volta minaccia il loro mondo dorato di produzione e rivendita, basato sul
baratto (tutti quelli che gli danno una mano lo fanno in cambio di grosse
paccate d’erba). Il fatto di vedere nella locandina del film una maschera come
quelle testé descritte attraversata da due occhi caucasicamente AZZURRISSIMI
conferma ulteriormente la mia voglia di sovrinterpretare e mi fa pensare di
avere un po’ ragione. Ma fermo il trip che non ne vale la pena.
In conclusione, se volete andare a vedere Le belve, o Savages (il
titolo originale), non andateci, o rubate i biglietti. Perché dopo dieci
secondi vi becchereste la Gossip Girl che parlandovi dei suoi due fidanzati vi
dirà: «uno scopa con la guerra dentro, io ho gli orgasmi e lui i guergasmi
(pallida traduzione dal wargasm inglese), è freddo come il metallo, mentre
l’altro è caldo come il legno, è l’ammòre» e altre cagate del genere. Il buon Oliver sa come girare un film, ma qui
pare si sia dimenticato di come si scrive. Ma parecchio.
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Ebbravo. |