mercoledì 16 novembre 2011

"Basta un botto di zucchero e la pillola va giù": Il mago di Esselunga, di Giuseppe Tornatore – 2011








http://www.youtube.com/watch?v=gShO0cD-z_E&feature=related (questo è il link per la seconda parte, non riesco a caricare il video, verisorri...)


Questo è un articolo in punti sul concetto di verità. Potrebbe contenere lievi dosi di moralismo, ma penso che le persone di buon senso lo definirebbero semplicemente buon senso.

Verità, dicevamo. Per la precisione, oggi parliamo di verità supposte.

Ci sono cose che diamo per assodate senza avere nessuna conferma o un motivo valido per crederci, un cieco atto di fede (o di incredibile stupidità). Dobbiamo stare attenti a questo campo di verità più o meno fittizio, spesso porta con sé i motivi della nostra infelicità perché si tratta di verità illusorie, supposizioni che, quando scopriamo la loro infondatezza, ci disorientano e ci fanno scontrare con la dura realtà dei fatti. Verità supposte che in quanto supposte ce le mettiamo nel culo, e per quanto mi riguarda è una prospettiva relativamente interessante. Cose quasi ovvie e banali, ma ringrazio il sempre buon Caparezza per l’originale formulazione del concetto che mi serve per dar l’avvio a questo articolo.  – Comunque, queste sono le VERITA’ SUPPOSTE di tipo A.

C’è un altro tipo di verità supposta, meno “parto della nostra mente”, più “qualcosa che coincide tipo con la realtà – parto della mente di altri”. È quella dell’evidenza dei fatti, la realtà di un mondo manifestamente esistente che non puoi controllare, e che anche per questo fa male. Come una supposta. Ti si infila nelle terga senza chiedere permesso, dimostrando come il caro «basta un poco di zucchero e la pillola va giù (o su, a seconda del versante di inserimento)» sia da un lato una cazzata, da un altro un’atroce verità. - VERITA’ SUPPOSTE di tipo B.

Allora facciamo che io suppongo. Supponiamo come può essere il mondo perfetto.
Io lo immagino come:
  • .un luogo in cui almeno un terzo delle donne ha un grado di bellezza in una scala da “Jennifer Lopez” a “Monica Bellucci” e le più cesse possono avere al massimo un punteggio “Antonella Clerici”;
  • .dove Bruno Vespa è Sarah Connor ma Terminator vince facile al primo round;
  • .dove Milan – Juventus è ogni anno una sfida salvezza, dove il mio blog ha un milione di contatti ogni giorno e Jason Statham mi chiede l’autografo;
  • .dove le guerre si combattono a gare di rutti e dove i lavoratori di qualsiasi posto lavorano un giusto numero di ore, vengono rispettati e pagati di conseguenza, senza che l’industrialotto brianzolo di turno li prenda per il culo;
  • .dove il cinico simpaticone che alla fine di ogni frase spunta con “…e c’era la marmotta che impacchettava la cioccolata” l’hanno già ucciso tre volte.

Bene, questa è una verità supposta di tipo A. Se sogni che queste cose siano possibili bravo, ti stimo, ma hai perso.

Supponiamo come può essere il mondo perfetto - 2.
Ogni famiglia che lavora in linea di massima va a fare la spesa al sabato. In questo mondo perfetto-bis c’è il supermercato perfetto, in cui:
  • .la rispettabilissima famiglia perfetta va a fare la spesa tutta assieme, padremadrefiglio. Sereni, felici, rilassati.   La mamma ha la gonna ma è quella che porta i pantaloni, che guida e che smonta il marito ad ogni cosa che dice; il papà è in piazza di brutto ed è un simpatico imbecille che ride ad ogni umiliazione subita; il tenero figliuolo si lamenta ma è simpaticamente odioso (senza il simpaticamente), e si chiama Sandrino come un mio cugino nipote di una mia prozia da parte di nonna paterna che non vedo da quindici anni ma che mi dicono che lui sì che è simpa.
  • .i dipendenti del supermercato sono dei lavoratori sereni e solerti, hanno tutti un sincero sorriso da tempia a tempia perché sono appagati della loro posizione di cuochi, di assaggiatori di mele e fabbricatori di tortellini; somigliano tanto agli Oompa Loompa per gaiezza ed abnegazione, ed hanno la luccicanza: sentono ogni santa cosa che dice la dolce famigliola, così indirizzano meglio i loro sforzi. Inoltre, nel supermercato perfetto, non ci sarà bisogno di squallidi magazzinieri perché la merce è importata direttamente da contadini e pescatori di Lilliput che vivono sotto ai totani o dietro le cassette di frutta;
  • . per ogni famiglia il supermercato perfetto ha un personal shopper, chiamato Il Mago di Esselunga. È un coglione che ha messo le dita nella presa, ma è un bell’uomo e coi bambini ci sa fare. Ha la peculiarità di flirtare simpaticamente con le madri di fronte ai loro mariti. La sua magia consiste, oltre che nello far stare buoni i mocciosi, nel nascondere pescherecci e vitigni dietro al banco frigo;
  • .se le madri perdono la fede nuziale, è perché l’hanno persa proprio nel mondo del banco frigo. Ma una cernia la ritroverà e prontamente la restituirà al Mago di Esselunga. Verrà così risolto l’unico, vero, reale problema di quel mondo perfetto.
  • .la spesa diventa un giuoco per l’irrequieto pargolo, che scopre che quello «è un giorno speciale» perché è l’anniversario dei suoi genitori, che guarda caso si sono conosciuti proprio in un supermercato Esselunga. Che tenerezza.

Questa è una verità supposta ti tipo B. Questo mondo perfetto esiste veramente, ed è stato concepito da Bernardo Caprotti e Giuseppe Tornatore. E più che fare male come una supposta fa incazzare abbestia, roba che picchieresti pure le suore.


Essendo questo un articolo in punti analizzerò puntigliosamente, per l’appunto, i punti a favore  e quelli contro questa trashata che è già leggenda. Punto.

Le cose salvabili

  • .La scena iniziale dei camion è molto estetica, per un attimo ho sperato che fossero dei Transformers. Fine.

Il resto (in un'escalation di odio e incazzatura)

  • .È Giuseppe Tornatore ad avere girato tutto questo. Ma non c’è la Sicilia da cartolinare a salvargli il culo. E neppure un bambino bravo a recitare. Potrebbe essere un discorso molto più lungo ma è omonimo di mio nonno e per grazia mi fermo qui sennò lo insulto male. Comunque se già prima era abbastanza falso e zuccheroso adesso che ha svenduto l’anima non si vede il fondo del baratro;
  • .Il “keepin’ up with the Joneses” è una regola da markettari di cinquant’anni fa, oggi col cazzo che te lo puoi permettere;
  • .Il suddetto Bernardo Caprotti verrà candidato all’Oscar per la meravigliosa interpretazione de “L’anziano panettiere”;
  • .Se definisco “patetico fallito” chi si è inventato di far spuntare il naso rosso dei poveri al Willy Wonka dei poveri, questi si commuoverà perché mai nessuno lo aveva mai trattato con tanta deferenza. E fingo di non aver mai visto Chi ha incastrato Roger Rabbit? così non colgo le “citazioni” animate;
  • .Il disgustoso buonismo da favoletta salva-Grinch. Leatherface è più innocuo di tutta questa merda. Si ritorna al concetto di «basta un poco di zucchero e la pillola va giù». «Questa è una favola, volevamo fare vedere come lavoriamo didietro», afferma con sibillino understatement il signor Caprotti. Quindi viva la pubblicità che ci fa sperare in un mondo migliore;
  • .Il rispetto. Verso chi guarda, trattato come un imbecille;
  • .Il rispetto. Verso chi deve fare la spesa: oggi per un sacco di gente fare la spesa non è assolutamente un momento felice; e se c’è un momento di condivisione familiare, a differenza di questa “favola”, è quando si fanno i conti e si condividono le preoccupazioni. Per fortuna che ci sono i Punti Fragola;
  • .Il rispetto. Verso chi ci lavora, all’Esselunga: «Questa è una favola, volevamo fare vedere come lavoriamo didietro». “Didietro” ci lavora gente che a vedere Il mago di Esselunga gli viene un ictus: distribuire un DVD del genere ai clienti è già una presa per il culo, ma sventolare in modo così disgustosamente melenso una realtà lavorativa BEN DIVERSA è uno sfregio per ogni dipendente. Anche perché non è che all’Esselunga tutti lavorano per i nostri comodi, lo fanno per essere poi in grado di fare la spesa. All’Esselunga. Per chi volesse chiarire ulteriormente il concetto:

Nauseante il prodotto, nauseante la confezione, nauseante il messaggio. Un disastro da vedere e un disastro per chi l’ha fatto, che ha buttato al cesso non so quanti soldi e un anno di lavoro dove ne facevi trenta di pubblicità migliori. Non fosse una cosa così irritante sarebbe da idolatrare come nuova perla della decadenza postmoderna: s’intitola Il mago di Esselunga, ha in copertina un cappello con le stelline che è una melanzana e ha gli attori delle pubblicità dei mucolitici di dieci  anni fa; insomma, in questo contesto ci sarebbe stato tanto bene un pazzo con un fucile a pompa che fa saltare i carrelli reclamando un nuovo ordine e Marion Cobretti che gli dice «tu sei il male, io sono la cura».
Quanto ti voglio bene...

In definitiva i due campionissimi (Caprotti e Tornatore) hanno toppato al volo su tutta la linea. Ma di brutto. Spero tanto che la paghino.