mercoledì 29 agosto 2012

NON SI BATTE IL CLASSICO - The Expendables 2, 2012


Londra. Olimpiadi 2012. Pallacanestro maschile. Una squadra di fenomeni, la nazionale statunitense, infrange molti record stabiliti nel 1992 da un’altra squadra, una squadra che raccoglieva sei dei primi dieci giocatori di basket della storia, e sicuramente i primi tre, quelli che negli anni ’80-‘90 hanno cambiato questo sport. Michael Jordan, Larry Bird, Magic Johnson, più tutti gli altri: nel 1992 fu coniato e reso famoso nel mondo il concetto di Dream Team (pura scuola reaganiana), il basket che si faceva leggenda. Automatica è partita la provocazione: «può questa squadra battere quella del 1992?». Automatica è giunta la risposta di Larry Bird, un signore soprannominato semplicemente Legend: «certo che ci possono battere, siamo più vecchi di vent’anni». Non si batte il classico.

Adesso facciamo che il cinema action sia la pallacanestro. Che ci sia un Dream Team. Che i protagonisti siano più vecchi di vent’anni. Solo che non vengono soprannominati “Magic”, “Legend” o “His Airness” e sono sistematicamente rinnegati da perbenismi morali ed intellettuali, facendo sì che la gente si sia dimenticata di loro da esattamente vent’anni, e che per questo atteggiamento di eredi ne rimangano davvero pochi. L’unica differenza tra “la più forte squadra di basket della storia” e il cast di The Expendables 2 è questa: i primi idolatrati, i secondi rinnegati. Ma comunque, anche se «siamo più vecchi di vent’anni», il classico non si batte.

Rinnegati perché pionieri e tutto sommato fondatori di un genere che oggi va per la maggiore, ma oramai fatto senza anima né spirito, quasi a vanvera. Oggi la spettacolarizzazione pervade tutto il cinema commerciale e anche per questo se ne perde l’essenza, amichevole, divertente e rassicurante, un’essenza custodita quasi esclusivamente dai pochi rinnegati di cui sopra. Semplicemente sono cambiati i tempi, ma quasi nessuno è più riuscito a fare film di quel genere.

...i contenuti...
Il problema è sempre stato lo stesso: accusati di essere incapaci a recitare, in grado solo di mostrare i muscoli, facevano film privi di contenuti che servivano solo a distrarre e a far propaganda durante e dopo la guerra fredda. Finiti gli strascichi di quel momento culturale, finita la loro utilità. The Expendables è stato il tentativo di Mr. Stalloooùn di tornare in pista, ed è stato un successo: sono stati richiamati i Grandi Vecchi rinnegati, e sono state date una paio di lezioncine a tutti, una parata di idoli dimenticati ha fatto un film se vogliamo vintage, ma un film che solo loro potevano fare. Con The Expendables 2 si è allargato il processo di esagerazione, sono stati invitati a partecipare quasi tutti quelli che non hanno preso parte al primo film e si è alzata l’asticella della Gloria: è successa una cosa che è stata sognata da tutti i bambini che ancora vivono dentro di noi, si sono visti nella stessa inquadratura Bruce Willis, Stallone, Schwarzenegger sparare contro i cattivoni, comandati da Van Damme. Qualcuno può immaginarsi di meglio? Io credo di no. Peccato che non ci siano dei Contenuti. Ma per favore.

Ora, i palati fini cominceranno con le manfrine di sempre, puntando il dito contro l’assenza di una trama e di una sceneggiatura con senso, l’incapacità di recitare, ecc…ma per favore-bis. Perbenismi di chi non sa considerare un contesto e non è a conoscenza della Storia. Chi si lascia ingannare solo dall’Arte si spari nove ore di Godard e si creda bravo. Si turi il naso. Risalga sul suo piedistallo dopo essere sceso tra noi mortali. Fa solo un favore.
Perché con The Expendables 2 si è aperto il cassetto dei sogni di ogni bambino action. Un film senza difetti. Semplice. Solo quello che ogni mente serena può volere. Esplosioni, ammazzamenti, battute e tutti gli eroi dell’infanzia tutti insieme. E basta. Per un’ora e quaranta senza sosta. Sei solo tu con tutti i tuoi amici ed i tuoi miti. Assieme. A gridare.

-Seguirà una breve postilla che eviterà l’inevitabile noia di chi si mette a criticare The Expendables 2 ritenendo che sia un film come gli altri.-
Io non mi sono andato a leggere le recensioni dei vari critici di mestiere. Non ne avevo bisogno. Se c’è Sly so già che il film mi piacerà. Se c’è Jason Statham so già che il film mi piacerà. Se c’è Arnie pure. Con JCVD? Non parliamone neanche. Ma poi dico: chi è quel pirla che con un cast così ha bisogno di leggersi le recensioni?!?!?!?!?!?!!? Ma stiamo scherzando?!?!?!?!?!?!?!?!? Comunque:
Non ti soddisfano i nessi causali e spaziotemporali nell’intreccio? La fabula latita? Noti un’irritante assenza di metacinematografia nella reciproca e triplice relazione autore-attore-spettatore? Trovi che il rapporto tra cinema e Storia sia alquanto alterato? Si denota una certa qual aridità nei dialoghi? La recitazione di taluni attori mal si adatta alle sfaccettature psicologiche dei personaggi? Trovi che la costruzione scenografica non aderisca a quel gusto plastico tardo espressionista che tanto fa suonare le tue trombe di falloppio? Ecco, hai già capito, vai a sederti. No, non lì. In fondo.
-Fine postilla.-

Parlando seriamente, ci sono un po’ di considerazioni da fare, giusto appuntare un paio di minipecche che comunque in un contesto come questo non esistono, data la portata della cosa: qua e là un utilizzo del CGI abbastanza evidente, come nella scena della Smart o  qualche esplosione di sangue, ma che tutto sommato serve all’accompagnamento dell’azione. Voglio dire, si vede che è finto ed a volte bruttarello, ma dà ritmo. Un tizio a cui esplode la testa su un motoscafo in corsa è puro ritmo visivo.  Altro che Viking Eggeling. 


Altro miniproblema, che lascia un po’ l’amaro in bocca per pure questioni affettive, è il poco spazio dato ad alcuni personaggi. Ma ne parleremo dopo. C’è da considerare comunque che è un film di 100 minuti (1h40min ma fa figo dire CENTO) in cui ci sono almeno dieci dei tuoi primi dieci attori preferiti, dare ad ognuno il peso che meriterebbe è utopia dentro a quell’utopia che è The Expendables 2. Ma d’altronde è stata fatta la scelta di ingrandire al massimo i pregi del primo film, e abbondare di Gloria ovunque si potesse. Stiamo parlando di un cast di gente che va dai 52 ai settanta, quando ricapita un’occasione così? E poi questo è il motivo per il quale sono andato al cinema. E ci sono ritornato due giorni dopo. Stiamo parlando di un film evento che riscoperchia tutte le emozioni sopite e non della mia infanzia, partendo dal brodo primordiale creatore di tutto, Bud. Manca giusto lui.

The Expendables 2 è un film per cui  serve il cuore. Da vedere con il cuore e fatto con il cuore, da vivere. È schietto, sincero, coerente. Dopo il successo del primo – che è passato ad essere solo il secondo film più bello EVER – è partita l’operazione utopia: metterci dentro più gente possibile per passare OLTRE, per volare più in alto dell’Olimpo. Di conseguenza son stati ampliati i ruoli di Arnie e Bruce Willis, e son stati aggiunti Chuck Norris, Scott Adkins e soprattutto Jean Claude. The Expendables 2 è sincero perché mai forza la mano, perché Sly e Simon West si son preoccupati della sceneggiatura solo dopo aver avuto il cast. Già si sapeva. Si nota. Ed è bello. Con quel cast sei a posto. Fanno loro. Tu devi solo far bene le varie scene d’azione ed il resto vien da sé (BONSCI BONSCI BON BON BON – vinci facile, facilissimo). Per cui solo sberloni e battute, perché sì, lì c’è una festa e sono tutti invitati. Sembra una riunione di famiglia, la rimpatriata del gruppo di cazzoni del liceo, chiamatela come volete. Tutti a prendersi per il naso e a farti sentire bene, ed è bellissimo. Ed è giusto così.
Hei Arnie, ti piace vincere facile?

Questa atmosfera è un po’ diversa da quella del primo film, a posteriori si può dire che The Expendables è stato il momento delle presentazioni, quando si è un po’ più trattenuti e si cerca di fare bella figura, di stabilire certi ruoli (posto che stiamo parlando del secondo film più bello EVER), dar più risalto a certe cose, se vogliamo saggiare il terreno, un «siamo tornati, vedete di svegliarvi» al cinema mondiale. Qui è tutta un’altra storia: è un gigioneggiare continuo, anche più di quanto ogni anima sana e fervida avrebbe potuto immaginare, esplosioni e cazzate sono decuplicate senza un attimo di pausa, tutto al top. Un epitaffio, un grazie, un «guardate che vi siete persi per vent’anni, marise».

Bad Attitude.
La cosa che a me ha colpito più di ogni altra è stato l’inizio: la materia grezza nel suo più puro splendore. Un incipit che rispolvera tutti i crismi, tutta la classicità, tutto ciò di bello che c’è stato: Asia + ostaggio + tante persone da uccidere. Il film comincia che già ti senti a casa, vedi i primi trenta secondi e lo sai che è qualcosa di familiare, non fai in tempo ad adagiarti che arrivano LORO. Tre autoblindi che ti fanno gridare al miracolo. Io ho gridato per davvero al cinema. Con applausi. Tanti applausi. LORO arrivano, la squadra del primo film al completo, e spaccano tutto tre volte. O quattro. Sembra la cavalleria, sembra il KKK in Nascita di una nazione, i portatori del bene (ui…gaffe orrenda, ma passatemi il paragone – comunque auguro a tutti quelli del KKK una morte fatta di gonfiezza e solitudine). Per dar misura della cosa: un autoblindo ha lo scacciabuoi, uno scacciabuoi con scritto “Coming soon”, un altro ha un ariete recante “Knock knock” e il terzo…beh il terzo ha Terry Crews, “Bad attitude”. Dieci minuti di spettacolo puro, i Vietkong cattivi omaggiano gli spettatori fedeli e ricompaiono per farsi uccidere un’ultima volta alla vecchia maniera. Jet Li scende dall’autocarro e comincia a danzare, in una scena che riassume tutto ciò che di meraviglioso ha fatto nel primo film, un assoluto spettacolo. Vorrei riuscire a sparare qualche cazzata per descriverlo ma non posso. Soprattutto dopo che si mette ad usare due padelle (come il miglior Terence Hill) perché ha finito i colpi. Una botta così al terzo minuto di un film non si era mai vista. Meglio di qualsiasi videogioco. Dopo 3’ il numero delle vittime superava già i quattro milioni. A furia di urlare e ridere e ridere e urlare di gioia avevo l’esofago e le tonsille che se ne stavano andando al bar a farsi un cicchetto. Un’estasi. Vorrei raccontare di più ma sarebbe troppo. Per voi e per me. Dopo avrei bisogno di andare a correre.
Questo vi basti.
Mi trattengo dallo spiattellare tutto benché sia una tentazione fortissima e vi ritrovereste una recensione piena di «…E POI SLY HA SPARATO A QUELLO…E POI ARNIE HA DETTO A QUELL’ALTRO…E POI JEAN CLAUDE! JEAN CLAUDE!!! E POI BOOOOOOOOOOOOOOM!!!». Sapete come quando i bimbi vogliono raccontarvi una cosa ma hanno troppa foga e mettono tutto insieme e non riescono a dire nulla perché non prendono fiato e diventano violacei? Ecco, uguale.

Comunque una volta che la festa comincia diventa la fiera della citazione. Non ci sono più  cammei. Dopo i boati di rammarico per aver visto solo una scena con Arnie, Sly e Bruce Willis nel primo film, qui sono stati più accorti: chi viene, viene per restare; da bravi bambini da centoventi kg di dorsali ci si divide lo spazio, che sarà di meno ma ce ne sarà per tutti. Così compaiono Chuck e Arnie, Bruce Willis e JCVD. E partono le citazioni a manetta, da «il tuo culo è terminato» a «rest in pieces»…ho un elenco dove sono appuntate tutte ma è custodito gelosamente nel mio cuore, e soprattutto non anticipo nulla agli sprovveduti che ancora non sono andati al cinema. Comunque, e qui apro una nota un po’ dolente e buia, tutti i blink blink verso vecchi film del passato servono anche a coprire degli evidenti limiti di tempo ed età: perché se Sly è in formissima nel fare da mentore e capitano di tutti noi, Arnie è in modalità Una promessa è una promessa, fa quasi solo battute (e per questo gli vorrò bene sino alla morte, sempre e comunque) per mascherare un generale arrugginimento....per Chuck Norris è un discorso un po’ diverso: internet gli ha dato nuova fama come macchietta di sé stesso, e nel film esce solo questo lato dimentico di un gloriosissimo passato cinematografico e sportivo, riducendo Chuck ad un nonnino col berretto ed il mitra. O ad un lupo. Perché diciamoci la verità, nelle ultime righe a parlare è stata l’amara consapevolezza che stiamo vivendo un crepuscolo, ma The Expendables 2 è la gioia, è un regalo agli spettatori, è un regalo a loro stessi, è un felice canto del cigno, l’accettazione serena della vecchiaia con la consapevolezza che come han spaccato culi loro non li spaccherà nessuno mai. E ci ridono sopra, dall’alto.

Emblematico in questo senso il ragazzino del gruppo, il “nuovo acquisto”, lo sbarbatello. Arriva dal nulla, fa il cecchino (negli anni ’80 i cecchini sono delle seghe che non hanno il coraggio di prendersi a pugni in faccia e/o dei cattivi destinati a morire male, tipo fritti nei riflettori di uno stadio di football – grazie Tony, ancora), è il bambino in un mondo di adulti, di vecchi, simboleggia il nuovo cinema dei bellissimi dell’azione. Ragioniamo: nei film d’azione di oggi, Jason Statham a parte, chi c’è? Thor? Capitan America? L’Uomo Ragno? Ma per favore. Un branco di pettinati da boy band. Negli anni ’80 gli attori erano brutti. Era gente che vinceva il Mister Olimpia e finiva a far l’attore per questo, che faceva porno soft (The Party At Kitty And Stud’s, memorabile) e che si era messa a far culturismo per il disagio (più sociale che fisico) creato da un’emiparesi causata a sua volta dall’essere nati negli anni ’40 ed essere stati tirati fuori con un forcipe; o perché si è nati in Belgio ma si ha il sogno di fare gli attori negli Stati Uniti, quindi giù a dar calci come un dannato, credendoci e riuscendoci. Voglio vedere se Toby McGuire ha imparato le arti marziali mentre era in Korea a far la guerra. E i loro personaggi raggiungevano il successo perché si facevano il culo, si trombavano qualcuna perché la salvavano, mica perché erano degli dèi o dei supereroi. In questo senso avere l’occhietto azzurro, la barbetta incolta e fare gli attori solo perché si è buoni a far bagnare le sbarbine e per aver passato svariati casting è come fare il cecchino negli anni ‘80. E allora il nuovo che avanza, un nuovo peggiore, non adatto a vivere in questo mondo, forte solo perché bello ma privo di sostanza, come un dio  che non esiste o un attore che è tale solo per la sua faccia, merita di fare posto. O se non altro la vecchia tradizione ha il diritto, almeno per un’ultima volta ancora, di metterlo da parte. Chiedere a Jean Claude.
Billyyy...
La vecchia tradizione. The Expendables 2 è stato per alcuni l’ultima occasione di poter tornare in sella, per altri un degno saluto prima di andare in pensione. Quindi, carte in tavola. Non c’è più niente da perdere, o quasi. Se tutto il film è stato all’insegna dello spettacolo e del divertimento più puro, il combattimento finale è un momento che parla chiaro e seriamente. Due attori, uno di cinquanta e uno di sessant’anni, che si prendono a legnate senza niente da perdere. Non arti marziali né pugni, solo Furia. Una lotta in nome dell’autoaffermazione, per loro stessi, come personaggi e come attori al di fuori dal film, senza armi né maschere, né paura. Stallone contro Van Damme. Un’intensità incredibile, «le Fondamenta del Cinema hanno tremato come non mai» (cit., grazie Nanni, SF’C). Mai avrei sognato di vederlo, mai avrei sognato che fosse così. Una delizia emozionale e visiva a coronamento di un film perfetto. Non si batte il classico.


GLI ATTORI:

La squadra: sono l’ossatura del gruppo e del film, un supporting cast di comprimari che fanno il loro dando il meglio ogni qualvolta vengano chiamati in causa, lasciando i ricami e la gloria agli altri. Un gruppo rodato che non si tira mai indietro. Fanno da controparte, per i cattivi sono come il Vecchio Testamento, e dicono cazzate riempiendo le pause tra qualche combattimento o sortita dei Grandi Vecchi: perfetti nella Perfezione, in un ruolo paradossalmente più difficile rispetto agli altri, cioè preparare il terreno, imbeccare qualcuno, fare da tappabuchi. Sembrano cuciti assieme, a gruppetti di due, e nel caos si muovono all’unisono. Nel mio cuore sono già una famiglia.

JET LI: quasi per scusarsi che partecipi alla festa solo per poco tempo, fa tutto quello che dovrebbe fare concentrato in pochi minuti, folgorante e meraviglioso. I suoi duetti con Dolphie sono una meraviglia, meglio di Sandra e Raimondo. Concede il suo spazio agli altri partecipanti, appartandosi educatamente. Peccato perché nelle scene di combattimento è su un altro pianeta. Artista.

RANDY COUTURE: sta lì, cheto cheto, a stare zitto, ammazzare e a leggere libri con gli occhialetti. È l’uomo con le braccia più corte del mondo e con un cappello alla pescatora che gli dà un nonsocché di perfetto. Apre bocca solo per dire perle, è il perfetto contraltare per quel buffone di Terry Crews. Nel primo film ha avuto l’onore di suonarle a Stone Cold Steve Austin, dandogli fuoco  e non contento tirandogli una megacentra e lasciarlo perire, qui si limita ad uccidere un centina io di persone e a mangiare cereali. Uno dei miei personaggi preferiti, il perfetto comprimario; nel mondo perfetto avrebbe più spazio. Ma nel mondo perfetto The Expendables durerebbe 5 ore. E poi legge! Con gli occhiali da vista! ‘U brazzacurti…fenomeno.

TERRY CREWS: lui è il casinaro del gruppo, ma ad essere pazzo ci pensa Dolphino bello. Come sempre è uno sparacazzate favoloso, e da mangiatore di pagliacci al forno qual è meriterebbe più occasioni da protagonista, in generale. Come gli altri qui lascia la palla alle personalità importanti, in più Arnie gli ruba “la sua fidanzata”, un fucile che in The Expendables era stato IL protagonista delle grossezze più…grosse, e questo ha rattristato un po’ tutti. Comunque sembra un profiteroles a vederlo, con le braccia fatte di duplo, come si gonfia ed urla lui non lo sa fare nessuno. E con quella faccia poi. Enorme.

DOPLH LUNDGREN: lui merita un discorso a parte. È quello della squadra che si mette più in risalto. Ha pochi momenti e addirittura riluce, forse il più in forma di tutti. Si vede che ne fa una pelle.«Gunnar, cosa stai facendo?» «Impicco un pirata.» nel primo. «Gunnar, cosa stai facendo?» «Costruisco una bomba, è un problema?!», nel secondo. Borsa di studio al MIT, nel film e nella realtà. Quanti cazzo di Thor, Batman, ecc… ce l’hanno?! Sta al gioco, e ha un debole per gli asiatici: manco fosse Cassano con Nagatomo scassa la minchia a Jet Li per tutto il primo film, poi ci prova con Nan Yu malissimo per tutto il tempo, sa essere laido come nessuno. Incredibile. Incredibile. Incredibile. Il migliore per spirito.

JASON STATHAM: il Jason. L’ultima speranza per il genere Action. Nella squadra lui fa coppia con Sly, è il braccio destro del capo, quello cui passerà simbolicamente e non il testimone. Anche Lee Christmas – Barney Ross sono un po’ Sandra e Raimondo, continuano a beccarsi, e a Jason han dato il ruolo del polemico, della mogliettina nervosa. Han dato il ruolo della moglie a Jason Statham. Ha ha. Comunque data l’importanza dell’attore gli vengono regalate le scene di combattimento più belle, soprattutto quella in cui prende finalmente a schiaffi Scott Adkins. Scott, sei pirla?! Ma come cazzo fai a obbligare il Jason a chinarsi di fronte a te? Lesa maestà. Comunque come usa l’incensario  per suonare i malcapitati che si tova a tiro è un’arte. Aggiungete una coppola ed un pugno di ferro a quella faccia che si ritrova e tornerete indietro nel tempo. Fenomeno.

Gli “intrusi”: quei personaggi che entrano nella squadra, corpi più o meno estranei in un meccanismo ben oliato che fanno quello che serve per lo sviluppo del film e a dire quel che c’è  da dire.

NAN YU: femminile ma non eccessivamente patata, e buona a dar giù di sberle. In quanto a bellezza non regge contro Giselle Itié (madre dei miei figli nel mondo perfetto dove The Expendables dura cinque ore), ma non frigna, non rallenta e palesa proprietà di testicoli sufficienti. Regala assist a Dolph e Sly per le loro perle. Soprattuto a Dolph. Onesta senza sbavature.

LIAM HEMSWORTH: il cecchino sbarbatino, Billy The Kid. Utile nella sua funzione metaforica ed in quella pratica. Partendo dalla seconda: ti chiami Billy e fai discorsi tipo che vuoi smettere, come pensi di andare a finire? Anzi, guarda, basta solo che ti chiami Billy: immagina qualcuno che grida il tuo nome mentre tu muori tragicamente, suona bene, vero?! Anzi, grazie al fatto che ti chiami Billy e che per logica forza di cose morrai, avremo Sly vendicativo con la mosca al naso e il tuo sacrificio verrà premiato in nome del nostro effimero piacere di spettatori, quindi grazie. Grazie mille DI CUORE. Il Jason sancisce la tua fine: «telacaveraibbilly.» e Sly chiuderà con un grande classico: «Nooo!!! Billyyy!!!». Potevi finire solo così, conclusione naturale di tutto. Cazzo, ti chiami Billy. Metaforicamente parlando, il buon Liam ha la responsabilità di raffigurare il cinema di oggi: è il fratello di Thor, è un Bellissimo di Rete 4, è morigerato, rispettoso, che fa i suoi compiti. Piace alle sbarbi, ma è debole. Dannatamente debole. E cane a recitare. Dannatamente cane. È il simbolo di una gioventù debole e smidollata, Billy lascia l’esercito perché gli hanno ammazzato il cane, dopo che tutti i suoi compagni sono morti in battaglia. MA CRISTO. Tutto questo lo racconta in un monologo patetico messo lì apposta per far dire al pubblico «eh ma allora devi morire» e per far sovvenire alla mente dei più affezionati un velatissimo riscontro con il monologo di Mickey Rourke nel primo film. A voi un confronto e un giudizio. Comunque Marco ha descritto la cosa perfettamente. Grazie Liam, sei stato utile.

SCOTT ADKINS:  è il Jason Statham di JCVD, cattivo come l’aglio (l’aglio è buonissimo, ndr) e bastardo dentro, ma tanto. È perfetto nel suo essere piatto e senz’anima, e per questo si permette pure di fare brutto al Jason («ma va va va va va sto scemo cosa si permette» ho pensato e forse gridato), non ha il benché minimo moto di umana pietà e un carattere enormissimo. Nel mondo perfetto dove The Expendables 2 dura cinque ore e Giselle Itié è la madre dei miei figli lui proverebbe a tradire Van Damme, finendo malissimo, cosa che fa comunque. Contro il Jason. Ma siamo in un film degli anni ’80. Unica cosa che non mi è piaciuta granché, ma qui è voler spaccare il capello in quattro, è stato quel coltello da ammazzadraghistregonelfo di nono livello. Un po’ fantasy, un po’ trash che stona. Comunque bravo Scott.

I veterani: più che cammei sono delle miniparticine, delle multiple ciliegine di Gloria su una torta di Grossezza. Costituiscono il Desiderio do ognuno di noi, una sfilata che porta a stato di fenomeno quel noumeno che albergava nel mondo delle idee e in quello del cuore, nel mondo dei sogni di tutti, hanno fatto sì che l’utopia diventasse realtà. Sono attempati e arrugginiti, ma sticazzi, sono loro. I miei nonni più invecchiano e più gli voglio bene. Qui è un discorso un po’ diverso ma il paragone regge comunque.

CHUCK NORRIS: sembra più mastro Geppetto che Lupo Solitario McQuade, e purtroppo vive solo di sorrisi e di Norris Facts. Ma dio quanto è rassicurante. Suo miglior momento: tira giù uno dal balcone e gli spara, così. Cammina con disinvoltura recando seco un mitra e radendo al suolo svriate persone, e prima di palesarsi a noi mortali distrugge un intero plotone di soldati ed un carro armato, poi spunta col suo marsupietto, gli occhietti vicini e un sorriso durbans. Vecchio ma immortale. Walker mi fa cagare e sei un po’ troppo fascista, ma ti voglio bene Chuck. Tanto.

BRUCE WILLIS: ha la faccia giusta, come sempre. Con Arnie ci insegna cosa fare di una Smart, e prende per il culo Sly con un’altezzosità e un’ironia che solo lui può avere. Si riscatta nel finale dopo due film da stronzo, ma d’altronde  The Expendables 2 è come A Christmas Carrol. Comunque lì in mezzo è visibilmente l’attore più completo, e si nota alla grande. Ha meno spazio rispetto agli altri, ma lo sfrutta alla grande. Unica pecca: non balla la giga nel finale.

ARNOLD SCHWARZENEGGER: forse, assieme a Chuck, il più invecchiato. Risente dell’assenza dal cinema e fa gli occhietti vispi da nonnetto ad ogni battuta. Ma è Arnie. Non gli si può dir nulla. Soprattutto con dei capelli che sembra essere stato a letto tutto il giorno e perché ha accettato di fare questo film, rendendo possibile l’inenarrabile. Per un momento, con Bruce Willis e Sly, loro tre affiancati, a combattere il male, il mio mondo ha gridato «grazie». E poi mi son perso a guardare.

JEAN CLAUDE VAN DAMME: il migliore. Quello che la prende sul serio. Una prestazione di attore assoluta, considerato il tempo in cui lo si vede. Ammazza la sbarbina Hemsworth nel modo più bello ed incredibile mai visto, si suona con Sly con un’intensità ed una faccia che confermano il fatto che sia diventato un’attore a tutto tondo. Con quelle rughe può far quello che vuole. The Expendables 2 e JCVD in un mondo perfetto, ancora una volta, gli varrebbero il ritorno alla ribalta che tanto cerca e merita. Immenso. Non vale la pena spendere altre parole.

SYLVESTER STALLONE: è il maestro di cerimonia, il direttore d’orchestra, l’arbitro, il padrone di casa, il capitano, la guida militare e spirituale, di loro e di noi. Chiamatelo come volete. Io dico solo che  sto cominciando a volergli davvero bene, tanto quanto ne voglio a Bud e Terence. È solo Sly. È una garanzia.


CONCLUSIONI
Non si batte il classico. The Expendables 2 è stato un regalo di nonno Sly a tutti noi. È stato un canto del cigno, un lungo ringraziamento al suo, al loro pubblico. L’hanno fatto per sé stessi e per noi. Molto probabilmente si chiude un’era, ne siamo consapevoli noi e ne sono consapevoli loro. The Expendables 2 è un palco, e i vecchi attori stanno ricevendo l’applauso finale. Continueranno probabilmente a dare spettacolo e fare film, non stiamo assistendo a un funerale, ci mancherebbe, ma ad un saluto che è un inno ad una vita passata, ma ancora presente. Probabilmente ci sarà un terzo film, e se soddisferà tutte le aspettative che questo capolavoro che è The Expendables 2 ha creato allora tutto quello che ho scritto sarà aria, ma se non ce la farà avremo assistito al regalo più bello mai fatto, alla cosa migliore che si potesse immaginare. I toni stanno diventando lirici e forse troppo sviolinati, retorici, ma non c’è più il futuro di una volta. Magari starò esagerando, ma è quello che sento. Perché come spaccano i culi loro non li spaccherà mai nessuno. Per una volta ancora, grazie Sly. Grazie a tutti quanti. Per tutto.

I MERCENARI 2 – IL CREPUSCOLO DEL BEL FILM DI UNA VOLTA

di Marco

Premessa


Non so voi, ma io ricordo perfettamente i titoli di coda de “I Mercenari”. Quella bellissima scena in cui Sly & Co se ne vanno in giro con i chopper come se fossero i padroni della strada e in sottofondo “The Boys Are Back In Town” dei Thin Lizzy, versione “Live And Dangerous”, per risaltare anche la nostalgia verso un rock più spontaneo. A tal proposito nel Film Allora Più Epico E Atteso Dall'Umanità c'erano anche i pezzi dei Creedence Clearwater Revival, rivalutati precedentemente in una scena di “Die Hard 4”.

Ve la ricordate? No?

È l'alba. Bruce Willis e Justin Long sono in macchina da un'intera notte. Bruce è rincoglionito come se stesse percorrendo l'A1, quando via radio mandano “Fortunate Son”. Justin Long viene svegliato dal volume e chiede a Bruce chi siano (tralasciamo il fatto che Justin Long non è Samuel Jackson e che non è doppiato da Luca Ward).
Bruce risponde tutto gaio: “I Creedence! I Creedence Clearwater Revival!”.
Justin Long si lamenta con la sua voce fastidiosa e la sua tremenda faccetta da cazzo che ti giudica, dicendo che è roba vecchia.
In quel momento ho visto in Justin Long l'emblema di una generazione che si reputa intelligente perchè pensa di ascoltare canzoni intelligenti. Una generazione che odio e manderei a lavorare.
Bruce sicuramente la pensa come me, ma si limita ad alzare il volume dell'autoradio perchè quel ragazzo gli serve vivo. Tutto da rifare: fine del momento ricordo. Ritorniamo all'inizio.

The Boys Are Back In Town” in chiusura aveva un duplice significato:
1)      La ricerca musicale di un passato glorioso, come il film
2)      Il ritorno di quegli eroi action a cui sono richieste tre sole cose: menare, spaccare tutto e sparare. Eroi che sanno fare solo questo, sempre più oscurati da personaggi che nei film vorrei morti per primi e male.

E quanti ne radunava “I Mercenari” di questi eroi. Quante volte ci siamo commossi leggendo un cast che metteva tutti insieme appassionatamente: Stallone, Lundgren, Li, Rourke, Crews, Couture, Statham, i camei di Arnie e Bruce, Steve “Collo” Austin, Gary Daniels. Tutti insieme per l'action, come se fosse una nazionale che entra in campo e sconfigge i film avversari nel senso fisico del termine.

Dopo lo scatto e la progressione, il finalone. Un finalone così epico, così muscolare, da Storia di un tipo di Cinema alla vecchia maniera. Una straordinaria mezz'ora in cui ogni buono, in qualsiasi inquadratura e angolazione, fa sfoggio del suo stile di combattimento e mena forte il cattivo, gli spezza le ossa, gli spara interi caricatori o gli lancia qualsiasi cosa di appuntito.

Finisce tutto e partono i titoli di coda. Quello è il momento in cui sei ancora esaltato ma dentro, piano piano, comincia a germogliare il seme dell'amarezza. Perchè sei consapevole che probabilmente è la prima e ultima volta per te e per loro.

Vallo a immaginare che stavano preparando un sequel ancora più grosso.
Quel finalone l'avresti successivamente considerato come una grande scena ma non più come Il Finalone.
Vallo a immaginare che questa era solo la prefazione del manuale “Come realizzare tutti i tuoi sogni di bambino in meno di due ore”.
Vallo a immaginare davvero.

Ladies and gentleman: “I Mercenari 2”


Meglio togliersi subito questa rogna. 

Nelle recensioni dei critici generalmente si leggono sempre le stesse cose, le stesse lamentele, le stesse stroncature quando escono film di questo tipo.
Cose sbagliate di cui si può avere una paura del diavolo se le leggi prima di andare a vedere il film.

Mi è capitato di leggerne alcune prima e dopo aver visto “I Mercenari 2” e in queste si rimprovera sempre la mancanza di una vera sceneggiatura, oppure il fatto che sia un film composto da sketch tenuti in piedi quel poco che basta per giustificare l'entrata di tutti i personaggi.

Prendersela con queste recensioni è come picchiare uno che sta cagando.
Però, fra tutte le recensioni negative che ho letto, mi è rimasta impressa la crudeltà gratuita del Corriere della Sera: “Stallone storta la faccia nel ghigno, Willis, Schwarzy e altri, stile cartoon e fumetto: come una riunione di gruppo degli alpini. Ma il sequel è di piattezza narrativa senza pari, tutti machi di maniera, violenza inutile, humour assente e Sly è pessimo.”
Io non so che tipo di infanzia abbia avuto questa gente, ma è una domanda che mi faccio spesso. La risposta che mi do è che probabilmente non se la vogliono ricordare.

Ci sono delle questioni su cui si martella il chiodo in continuazione: la sceneggiatura piattissima e la reunion inutile dei grandi vecchi.

La reunion dei grandi vecchi: è quella per cui abbiamo pagato il biglietto ed è quello per cui proviamo emozioni che conserviamo gelosamente come canzoni.
La reunion ci riporta alle emozioni primordiali dell'infanzia e in quel caso non c'è recitazione brillante o pessima che tenga.

Sceneggiatura: è un action.

La questione che vorrei porre personalmente è una ed è la seguente

Il sangue in CGI: nel primo film era spalmato male, in parte per le inquadrature fisse sui corpi e in parte perchè, se ti soffermi più di quello che basta su un morto che non cade come un sacco di patate, ti rendi conto che stona e che sembra pure la peggiore delle vernici.
In questo secondo capitolo non te ne accorgi nemmeno. È tutto funzionale al massacro perpetrato dai mercenari. Le inquadrature sono rapide e devi avere un occhio più rapido per cogliere le imperfezioni (sì, le teste segate le vediamo tutti, per carità), ma nel 100% dei casi chi va a vedere “I Mercenari 2” lo fa per dare un nuovo senso alla propria esistenza e non per trovare delle imperfezioni da stronzi.
La magia del film sta nel creare scene talmente gigantesche che vanno a porre cose grossolane, come gli zoom sgranati, in secondo piano.

Questo non è un film che ha bisogno di essere difeso.
Questo è un film che ha bisogno di essere vissuto: inspirare tutto ed espirare solo il peggio.

Passiamo ora alle cose serie.

Nella sua lavorazione “I Mercenari 2” ha avuto una sola parola d'ordine: spendere tutto il budget per amplificare i pregi del primo film, ossia scene d'azione, camei di grandi nomi, battute ironiche e divertenti come nella migliore tradizione anni '80 e il finalone, soprattutto il finalone.

Questa premessa sottolinea il ragionamento che ha fatto Sly per il sequel: ha constatato che i camei, le scene d'azione e le battute hanno funzionato davvero bene, ma era tutto troppo poco e non sfruttava pienamente le potenzialità di un film del genere.
La scena di Sly, Arnie e Bruce che si ritrovavano in chiesa a prendersi per il culo è stata la base su cui abbiamo sognato tutte le varianti possibili. Però finiva lì, senza la minima azione, senza nemmeno una pistola spianata. 
Le scene d'azione, la ciccia del tutto, erano impeccabili ma erano troppo poche.
Col senno di poi ci vuole un vero vilain anni '80, di quelli ostici che vengono eliminati con un duello all'ultimo pugno.

Concluso il suo ragionamento, Sly fa quello che ci si aspetta da una persona che sa quello che vuoi da oltre 30 anni: inizia la sua chiamata alle armi per riunire tutti. E quando dico tutti, voglio dire TUTTI.

Nella lista dei papabili è girato qualsiasi tipo di nome che ha avuto a che fare con l'action anche per sbaglio: Mike Tyson, Charlie Sheen e fra i più seri Nic Cage, John Travolta e Wesley Snipes, indisponibile perchè sta in galera fino al 2013.
Si parlava di Seagal, ma non è venuto per scazzi con il produttore Avi Lerner o molto probabilmente perchè non avrebbe accettato di morire una seconda volta sul grande schermo. Non l'avrei accettato nemmeno io.

Insieme al balletto dei nomi è iniziata a circolare la trama.
La prima versione piazzava la morte del personaggio di Mickey Rourke per mano dei cattivi, scatenando la vendetta dei mercenari e della figlia Fiona. Tutto questo senza sapere se Mickey fosse effettivamente con la luna giusta per farsi ammazzare da qualcuno.

Va detto che a noi sarebbe bastato il flashback del suo struggente monologo del primo film, quel tipico flashback che sa fare un nostalgico come Sly, e ci saremmo accontentati senza nessuna lamentela.

Un giorno ti svegli e vedi che tutti hanno confermato: Arnie, Bruce e Chuck per un cameo allargato, JCVD e Scott Adkins nella parte dei cattivi e la squadra dei mercenari. In quel momento inizi a vederti dall'alto e poi a ritornare nel tuo corpo con la consapevolezza che è tutto vero.
Dopo confermano anche la trama, non tanto diversa dalla prima versione: uno dei mercenari muore e loro si devono vendicare e salvare il mondo da una minaccia nucleare.

Sly ha formato il Cast, da quel momento gli si apre una discesa  in cui chiunque non riuscirebbe a raggiungerlo nemmeno se andasse a 300 km/h e lui la facesse tutta in retromarcia, mostrando il dito medio alla Paul Walker in “2 Fast 2 Furious”.

Qualcuno penserà che la sceneggiatura sia importante, ma quando ti ritrovi un cast simile puoi pensare che potrebbero fare qualsiasi cosa, compreso travestirsi da vecchie casalinghe e andare a prendere le fettine di vitello dal macellaio. In qualsiasi caso non andresti via scontento ma sempre col sorrisone.
Diciamo che con un cast così, per farti andare via scontento e demoralizzato dovrebbero prenderti a sculacciate in tutta la sala mentre Statham continua a bucare palloni da basket e a ripetere che ti sgonfierà le palle. E forse nemmeno questo basterebbe.

Al diavolo l'importanza di avere una sceneggiatura con i dialoghi alla Tarantino.
Il primo quarto d'ora de “I Mercenari 2” nasconde un messaggio subliminale, una dedica di Sly: “Ai miei fans che mi sostengono da tutti questi anni e hanno visto pure “The Italian Stallion”, con amore e azione vi presento “I Mercenari 2”. Sly.”
Inizia in Asia, come in un qualsiasi film di sana e robusta costituzione in cui devi salvare qualcuno.
I soldati nepalesi stanno tenendo in ostaggio due persone, di cui uno incappucciato e grosso.
Subito pensi che adesso ammazzeranno uno dei due ostaggi, perchè di solito nei film normali funziona così.

Invece no, qui funziona davvero come vuoi tu, come hai sempre voluto tu: passano solo due minuti e compaiono tre mezzi corazzati con scritte come KNOCK KNOCK e BAD ATTITUDE.
Su questi tre mezzi corazzati ci sono Stallone, Statham, Li, Lundgren, Crews e Couture che inziano a sparare e a spaccare qualsiasi cosa come se glielo chiedessi personalmente tu, indicandogli con il dito indice i punti strategici. Non si riesce a fare nemmeno un body count, non provateci neanche.
Sono passati solo 5 minuti e “I Mercenari” è passato da Film Più Grosso Ed Epico Dell'Umanità a Film del 2010.

Questo è solo l'inizio, ma le portate sono davvero tante e arrivano veloci. Parliamo di un film pieno di scene d'azione enormi, ma talmente enormi che quelle del primo film cominciano ad essere nebbiose: scene dove tutti sparano, menano e fanno esplodere tutto, ma davvero tutto; scene dove si rispolvera il buon vecchio tirapugni, arma old school che nelle giuste mani fa più male del coltello (come ci insegna Jason); scene in cui ridi, piangi, applaudi, sistemi la mascella per poi tornare a ridere, piangere e applaudire.

Battute e citazionismo formano il secondo pilastro. Scorrono a fiumi perchè l'intenzione di questo sequel è di elevarsi dall'aura malinconica e di tramonto de “I Mercenari”, all'aura del film dove si spara e si picchia con allegria e ironia. L'aura del bel film di una volta, dove si respira l'odore della giustizia. Ecco che i vari attori si scambiano le proprie battute storiche: Stallone che dice il classico “Riposa in pezzi” di Lundgren o Arnie che dice a Bruce “Yippie-Ki-Yay!”.
È un'allegra brigata che si diverte a prenderti in giro, con battute da sorrisoni e senza dialoghi complessi e che fa sul serio quando c'è da fare sul serio.
Le citazioni invece sono più sottili delle battute e non saltano facilmente all'occhio. Due in particolare:

1)      La scena dove Arnie torna in pista e trivella il muro con la macchina che richiama a un suo film “Atto Di Forza”.
2)      La sparatoria nel paesino e in sottofondo “Rip It Up” di Little Richard, presa dalla scena di “Red Scorpion” con Dolph Lundgren.

L'epico duello finale fra Sly e JCVD mi ha ricordato un po' la scenografia di “Commando, ma solo quella.
Al contrario mi ha un po' intristito la battuta di Chuck Norris sulla storia che il cobra che l'ha morso è morto dopo cinque giorni di dolori strazianti.
È triste vedere un uomo come lui abbassarsi alla fama dei Chuck Norris Facts. Un uomo che ha fondato un arte marziale, ottavo dan di taewkondo e riconosciuto universalmente come il colonnello Braddock e il colonnello Scott McCoy.

Passiamo ai camei. Sono quelli che hanno attirato l'attenzione e con essa hanno creato tante aspettative e inevitabilmente creano controversie. Una di queste, per altro a mio avviso sbagliata, è che sottraggono spazio alla squadra dei mercenari, escluso l'onnipresente Sly.
Il problema di un film come “I Mercenari” è che si ritrova a gestire 10 nomi che ti possono fare un film da soli per 103 minuti. È come una partita di calcio in cui 11 giocatori toccano la palla mediamente per 3, 4 minuti e in quel poco tempo devono riuscire a fare le migliori giocate, mentre per i restanti 87 devono correre avanti e indietro e giocare per la squadra.
Qui funziona esattamente allo stesso modo, con la differenza che ognuno fa sempre la migliore giocata o con una battuta, una rissa o con le armi spianate.
Ai nomi grossi spetta fare le cose grosse e spetta entrare anche nel modo più anni '80 possibile, per la logica conseguenza che molto difficilmente capiterà che Sly, Arnie, Bruce, Chuck e JCVD si ritrovino una seconda volta nello stesso film. Per la conseguenza che tutti loro insieme fino al 17 agosto 2012 li abbiamo visti nella nostra immaginazione, chiusi nell'armadietto dei ricordi di bambino.

Quell'armadietto è stato aperto con il finale.
Sì, esatto, in chiesa.
Siamo in un aeroporto. Da una parte ci sono JCVD e Scott Adkins con il loro numerosissimo esercito che si stanno muovendo. Tre vetri si bucano per l'effetto delle pallottole e spuntano Arnie, Sly e Bruce che stanno sparando a raffica. Stanno sparando insieme, mentre Lundgren, Statham, Couture, Crews si occupano delle fascie laterali.
Dall'alto si sente uno sparo: Chuck Norris si è unito alla caccia, da vero lupo.

In quel momento ti rendi conto di una cosa: non sono Barney Ross, Trench Mouse e Mr. Church che stanno sparando. Non riesci a vederci nemmeno Rambo, il colonnello John Matrix e il tenente John McClane.
È il momento in cui vedi effettivamente quello che hai sempre immaginato e non hai mai rivelato: Sly, Arnie e Bruce che si comportano da veri Harlem Globetrotters dell'action e spadroneggiano con le armi con tutto quel bagaglio di esperienza e con l'aura mistica dei personaggi che hanno impersonificato negli ultimi 25-30 anni.

Dall'altra parte della barricata cattiva c'è un JCVD che supera se stesso e assorbe tutta la malvagità degli avversari che ha combattuto nei film degli ultimi 20 anni.
Questa volta l'avversario da battere non è uno Steve Austin che deve fare la gavetta ma è JCVD in cerca di riscossa, deciso a sfruttare l'ultima occasione per ritornare ad alti livelli.

Sly vs JCVD: è il mondo che si ferma e trattiene il fiato. È quel momento in cui la tua immaginazione ritorna a toccare le vette d'infanzia e vede un invisibile cerchio infuocato che delimita l'area.
Nessuna mossa scenografica perchè non si tratta di dare spettacolo. Sly e JCVD si prendono con una violenza inaudita e senza remore di farsi male ci ricordano perchè noi vorremmo lo stesso cuore di Rocky e quell'implacabile precisione di Kurt Sloan.
E poi partono due calci volanti di JCVD, non uno ma ben due calci volanti e mai avresti pensato che sarebbe riuscito a tirarne anche solo mezzo.
Raggiunto l'apice c'è solo la discesa, lo scontro inizia a planare verso la fine, ma l'immagine dell'uomo che piangeva nel suo reality show “Behind Closed Doors” è completamente riscattata e gli applausi commossi sono strameritati.

Il Cast

Jet Li: nel primo film era quello della squadra che le prendeva un po' per tutti, nonostante fosse Jet Li. Ma si sa che se nella tua squadra il capo è Stallone, il vice-capo è Statham, mentre Lundgren, Crews e Couture formano una sezione ritmica devastante, il tuo esser Jet Li vale la metà del suo effettivo valore e allora, se quei tre formano la sezione ritmica, tu devi prenderti lo spazio per un assolo. E così succede nella scena iniziale, in cui Jet Li si esibisce in un breve ma intenso assolo di calci, pugni, parate e padellate in faccia con la stessa velocità di Sonic, senza dover nemmeno dire “Sì, ma quei fagioli sono miei.”. Temevamo morisse, ma ritorna in Cina per una vacanza e si permette anche di sbeffeggiare Lundgren da vero talento. Questa volta nella edizione italiana non verrà ricordato solo per aver la voce di Peter Griffin.

Terry Crews: ci vorrebbe per lui solo una scena di cinque minuti in cui inquadrano la sua faccia quando spara col fucilone. Forma con Couture e Dolph l'ossatura della squadra, per la precisione quelli che fanno il lavoro sporco quanto gli altri, ma per una questione di economia delle scene e di priorità vengono inquadrati meno degli altri. Ma quando vengono inquadrati stai sicuro che stanno facendo qualcosa per cui valga la pena sostenerli.

Randy Couture: è il solito rullo compressore di poche parole e a questo giro di poche inquadrature (come Terry sopra), ciò non toglie che l'uomo col berretto alla pescatora è entrato nel cuore di tutti. Lo fanno parlare dopo 30 minuti, ma non ha importanza perchè nel frattempo spara, mena come un rinoceronte incazzato e nelle pause si mette a leggere libri con gli occhiali. Sono sicuro che dal film hanno scartato la scena in cui se ne va a pescare le trote di 20 kg con lo schiocco di dita, come Bud Spencer in “Uno sceriffo extraterrestre”.

Liam Hemsworth: è la carta di Sly per portare al cinema le ragazze o per dare un senso alle ragazze trascinate al cinema dal moroso. È biondo, ha gli occhi azzurri ed è giovane, troppo giovane. Troppo giovane per essere l'uomo a cui affidare la parte del monologo che fu di Mickey Rourke, Hemsworth si lancia in un monologo davvero brutto, incentrato sul suo essere l'unico sopravvissuto di una squadra mandata in missione in Iraq e sulla volontà di lasciare tutto quando, al ritorno, scopre che gli hanno ammazzato anche il cane randagio.
Ma dico...esticazzi? È una mail mandata a Rita dalla Chiesa?
Mickey Rourke nel primo film parlava di una donna che si era suicidata davanti ai suoi occhi e del suo senso di colpa per non averle impedito di fare l'estremo gesto. E in tutto questo marasma di sofferenza sembrava che Sly stesse per rivolgersi a Mickey e dirgli: “E puzzava? Casa mia puzzava?! Io non ti ho mai chiesto niente in 10 anni!
Comunque viene ammazzato in un modo spettacolare, che altro non è che il giusto coronamento di tutte le cose sbagliate che fa in mezz'ora. Sì, è lui l'amato fratello dei mercenari che muore e lo dico subito.
Lo meritava? Sì, senza ombra di dubbio. Lo meritava perchè nel film è un cecchino specializzato. Quando mai nei film action si è visto un cecchino che merita di vivere? Mai. Il cecchino non scende a viso aperto e trascura il più elementare codice d'onore in battaglia, per la precisione quello coniato da Sly 30 anni fa:In guerra c'è un codice d'onore, io copro te e intanto tu copri me.”
Ma al di là di questo, il fatto che tu sia esperto col fucile di precisione (che come m'ha insegnato Jean Renò in “Leon” è la prima arma che si impara a usare quando si diventa un killer), simboleggia quanta merda e nomination ai razzie awards tu debba ancora prendere prima di esplodere una pallottola affianco ai grandi vecchi.
Un'altra cosa sbagliata che fa e che l'ha condannato subito è quella di dire le sue intenzioni prima dell'inizio di una nuova missione, tipo: “Sì sto alla fine del mese, poi però me ne vado e raggiungo la mia ragazza in Francia”. Allora sei recidivo in fatto di cazzate. Nel trittico dolore-vendetta-giustizia un personaggio positivo che annuncia le sue intenzioni muore 20 minuti dopo, a meno che non si trovi nel finale del film, caso in cui non gli si potrebbe dire un cazzo. Nonostante tutto viene usato nel migliore dei modi: Simon e Sly sapevano quello che volevamo.

Scott Adkins: l'uomo di “Undisputed” è il braccio destro di JCVD e un cattivo con i controcazzi senza moti d'umanità, altrimenti non staremmo parlando di un film che omaggia gli Eighties. Dotato di un grande carisma, talmente grande che obbliga Jason Statham a raccogliere per lui l'oggetto di una cassaforte con i modi del ganassa. Mi sono così incazzato che ho capito di essere sempre sulla strada del bene. Mi sono così incazzato che volevo che se ne stesse solo con Jason per 5 minuti buoni e così succede, prima dello scontro Sly vs JCVD. Purtroppo Scott, reduce da un grave infortunio, si limiterà a pochi calci

Nan Yu: è la donna che entra nella squadra, oppure è Jet Li travestito da donna che si diverte a fare gli scherzoni a Dolph Lundgren. Spara, mena e fa girare la testa a Dolph, con cui fa delle scene divertenti ma finisce lì, senza particolare distinzione.

Dolph Lundgren: si diverte più di tutti. Ci berrei un sacco di birre con Dolph perchè si vede che è davvero il simpaticone delle compagnie. In ambito di formazione scolastica e culturale fra i vecchi è quello che potrebbe tirarsela di più, in quanto laureato in ingegneria chimica con tanto di master, ma è quello che se la tira di meno. A questo giro gli fanno fare davvero l'ingegnere chimico pazzo, con lo sguardo da schizzato e totalmente imbranato con il gentilsesso (Nan Yu), ma una vera macchina da guerra che non butti giù nemmeno a cannonate. Glielo leggi in faccia quanto si è divertito a fare “I Mercenari 2”.

Jason Statham: faccia perennemente incazzata e, nella versione originale, inglese biascicato sono quei tratti distintivi che te lo fanno amare e che ti fanno capire che se lo guardi male o gli rompi il cazzo è la fine. È il vice di Sly nel vero senso della parola e il rapporto che hanno nel film suggerisce che Sly gli stia progressivamente passando il testimone. Per questo motivo, oltre ad essere quello che al momento sta realizzando un film dietro l'altro, è quello della squadra, fuori Sly ovviamente, che ha più scene e singoli combattimenti girati sempre meglio. Questa volta oltre ai coltelli ha anche il tirapugni, un particolare che fa capire quanto “I Mercenari 2” sia davvero il top. Una sicurezza.

Chuck Norris: è bellissimo vederlo in una parte che non sia la replica di “Walker Texas Rangero la campagna presidenziale di qualche repubblicano. Bellissimo ma al tempo stesso triste, perchè la vecchiaia gli ha dato un volto ormai privo di espressioni dure e pare un allegro vecchio pronto per girare un film sulle storie che papà castoro racconta ai figli. Se avesse un minimo di cattiveria in quegli occhi, come il nonno di Heidi, potrebbe interpretare alla grande il vecchio dinamitardo che si accende i sigari con i candelotti. La cosa peggiore, come accennavo prima, è proprio il fatto di essersi inchinato alla fama di internet, ma è ancora capace di dire la sua quando imbraccia il mitra e sgomina da solo un battaglione di JCVD.

Bruce Willis: fra tutti i nomi è da sempre l'attore più eclettico e flessibile. Fa tante cose nel film: l'incazzato con Sly, poi fa il dispiaciuto e poi fa un po' John McClane e si diverte con Schwarzy mentre spara in giro. Per la prima volta ci mostra anche l'utilità di una Smart, più di così poteva solamente dire “Ma perchè mi vengono in mente queste idee!

Jean Claude Van Damme: è quello che recita davvero. Nell'allegra combriccola lui è quello che ci crede più di tutti. Lui prende seriamente il ruolo perchè sa che potrebbe davvero essere l'ultima occasione per rimettersi in pista.
Il JCVD de “I Mercenari 2” non ha nulla a che vedere con quello che giocava a rincorrere i bambini thailandesi in “Kick Boxer”, ma ne è una reincarnazione cattivissima e spietata. La vecchiaia ha reso il suo volto perfetto per interpretare il vilain vecchia maniera e nonostante non abbia molte scene è nello scontro finale con Sly che spadroneggia da vero boss, capace di detenere potere di vita e di morte sulla gente. Tong Po a confronto era un dilettante.

Arnold Schwarzenegger: gli impegni da governatore l'hanno invecchiato tantissimo. Ricordo che quando aveva fatto la sua comparsa nel primo film, pareva fosse venuto direttamente da Villa Arzilla con gli infermieri fuori ad aspettarlo. Si ributta nella mischia con la versione da commediante degli anni '90, quella fatta da citazioni e battute da sorrisoni, sembrando totalmente incapace di dire qualcosa di vagamente serio. È un po' arrugginito anche quando spara, ma quando piove merda assume l'aria truce, non si tira indietro e resta a dare il suo contributo. Vederlo in azione al fianco dell'amico Sly è uno dei momenti di massimo splendore dell'action. Welcome back, Arnie.

Simon West: è il regista, ma soprattutto gli spetta il compito di gestire una squadra di attori che hanno un ego grosso quanto i loro muscoli. È il tipico regista con abbastanza esperienza per subire le pressioni e lavorare velocemente per rispettare i tempi senza entrare in crisi.

Sylvester Stallone: Oh Capitano, mio Capitano! A Simon West il compito di gestire la squadra, a Sly ancora una volta il compito di dirigerla nel migliore dei modi. È un trasformista: passa dal vestito versione “Demolition Man” al vestito versione eroe della resistenza francese, con la coppola marrone. È presente e traghetta tutti sia nei momenti seri che nei momenti comici come un vero allenatore del mestiere. L'allenatore che sa tirare fuori il meglio dalla sua squadra. Fuori dallo schermo resta il capitano di una generazione di attori che sa fare solo un tipo di film e che sta sparando le ultime cartucce. Senza di lui tutto questo non ci sarebbe mai stato.
Mano sul cuore e tutti a cantare “It's A Long Road.

A time for heroes...

Tempo fa mio fratello mi parlò di “Alla Ricerca Del Tempo Perduto” di Proust, raccontandomi di come questa monumentale opera prendesse le mosse da una brioches pucciata nel tè da Proust stesso, gesto alla base del ricordo della sua infanzia, narrata per libri e libri.
Sly non ha scritto la versione cinematografica del libro, ma il principio di ritorno indietro nel tempo è lo stesso: attraverso gli spari e i pugni si ritorna bambini e si ripercorre l'infanzia, i desideri di vedere tutti quei nomi insieme per una volta, il tifo per loro che erano i buoni che trionfavano sui cattivi.
Il ricordo di quando Sly, Arnie, Bruce, JCVD, Chuck Norris e Dolph Lundgren e altri illustri assenti formavano l'invincibile squadra del Bene e andavano in giro per il mondo a ristabilire la serenità e la pace nei popoli oppressi dalla malvagità.
Eri un bambino e non capivi tutte le implicazioni politiche dell'amministrazione Reagan o quelle post-crollo dell'URSS. Loro per te erano il sinonimo della salvezza, della lealtà, della determinazione a non arrendersi mai, di andare avanti anche quando sai che non puoi andare avanti.
Loro erano tutto questo, lontano da qualsiasi cosa. Era l'amato trittico dolore-vendetta-giustizia e tutto il resto si perdeva nell'oscurità.

I Mercenari 2” è tutto quello che ho scritto sopra: la summa di tutti quei ricordi, di quell'infanzia felice vissuta con quei film, con quegli eroi.
La summa di tutte quelle volte che hai invocato il tuo mito in qualche thriller/action di dubbia qualità, sperando che li uccidesse tutti nella scena finale.
I Mercenari 2” funziona benissimo anche per le nuove generazioni che non hanno avuto la possibilità di avere una figura che li educasse ai sani valori di una volta, perchè nella sua essenza di operazione poetica e nostalgica instillerà nelle menti una grande sete di conoscenza action. Allora non resterà che abbeverarsi alla fonte e brindare.

Simon West come regista riesce a cavarsela egregiamente e a piazzare colpi da K.O. fin dal primo round, ma è Sly il vero maestro di cerimonia che coordina i suoi aiutanti in quei 103 minuti: ti fa trovare un banchetto regale dove pallottole, schiaffi, esplosioni e divertimento abbondano sulla tavola. Non bisogna far altro che sedersi e consumare il tutto con allegria come se non ci fosse un domani, come se quello fosse l'ultimo sipario che cala.

Se non ci fosse quel domani, se il terzo episodio non riuscisse ad essere ancora più grosso, ci rimarrebbe nelle mani il testamento definitivo di una generazione di Eroi che non si è mai risparmiata per amore del proprio pubblico.