martedì 17 luglio 2012

La lunga via verso l'avvento - 2

Le uniche due suore più cattive di quella dei Blues Brothers. 



La lunga via verso l'Avvento - 1

Perché sennò è troppo facile...



Sly il guerriero - Cosa succederebbe se...


di Marco Cullorà




"Purtroppo ho conosciuto troppo tardi questo personaggio. La sua storia forte e drammatica e la sua onestà ed integrità mi hanno subito colpito, così come la sua determinazione ed il suo coraggio. Penso di avere molto in comune con lui" e conclude "se avessi trent'anni di meno mi sentirei onorato di impersonarlo in un film, oltretutto gli somiglio anche fisicamente".

Sì Sly, lo sanno tutti che Tetsuo Hara ha creato Ken ispirandosi a te: avete gli stessi capelli, la stessa espressività facciale e addirittura quasi gli stessi vestiti di "Cobra" nella seconda serie.

Adesso, se fossi in lui me ne fregherei dell'età e farei al volo un "Ken Il Guerriero III° età" perchè i personaggi ci sono tutti, Cristo:

Raoul: Schwarzy

Toki: Christopher Lambert, che così lo riabilitiamo o Gesù se ci fa il favore di risorgere una seconda volta.

Generale Falco: Dolph Lundgren

Julia boh, poi ci penseremo

Shin: Rutger Hauer (con l'incommensurabile risata del doppiatore italiano dei bei tempi andati)

Rey: Mel Gibson (quale occasione migliore per riempirlo di schiaffi)

Souther: Van Damme (le rughe l'hanno incattivito)

Shu: Kurt Russell

Il maestro Ryuken: Gordon Liu

Mamiya: la vincente nella lotta del fango Tia Carrere vs Giselle Itiè

Jagger: Mickey Rourke, che da 20 anni fa due soli personaggi: il cattivo o lo sfatto.

Yuda: Boy George

Ma soprattutto....

c'è un obeso Steve-o che è perfetto per fare Fudo della Montagna.

Sly pensaci, pensaci cazzo.


Hayayayayayayyyyy, los Vengadores!!! - The Avengers, 2012




El club de la lucha.
Chaqueta metalica.
Saga crépusculo.
El Equipo A.
Bob Esponja.
Dannati spagnoli che traducono i titoli peggio che in Italia.

Los Vengadores.
BOOOOOM.

La Marvel ha fatto il colpaccio. Ha caricato filmacci su filmacci (per quanto mi riguarda si salva solo Iron Man ma perché c’è Sherlock col pizzettino eccentrico e coi soldi, e il resto è bassume) per arrivare a riunire tutti i personaggi in questo FILMONE (con la F, la I, la L, la M, la O, la N e la E maiuscole) che, riunendo i supereroi gozzi nati dalla seconda guerra mondiale in poi, qualche aspettativa l’aveva creata.

Io questa fremente aspettativa non l’avevo, non sono un grande lettore di fumetti, e a proposito dei supereroi Marvel sono poco preparato (amo cospargermi il capo di cenere), ma da amante del cinema ignorante fatto di esplosioni e pizze in faccia sono uscito dalla sala presobenissimo, entusiasta di questo lavorino ammodo.
 C’è tutto quello che il genere richiede: humour, esplosioni, pizze in faccia e…basta. Non serve altro.

 È un film senza una gran storia, non ne ha bisogno, è superflua, e stronzo chi la pretende. C’è il megacocktail di supereroi che ha accompagnato generazioni, e basta alla grande. E questo perché? Perché un film in cui ci sono cinque, sei, sette protagonisti, se lo sai tirare nel modo giusto ti va da solo. Se poi il ruolo dei cinque, sei, sette protagonisti è essere dei grossi che salvano il mondo, allora apposto. Il former regista di Buffy, Joss Whedon, fa da direttore d’orchestra e regala ad ognuno lo spazio che si merita, equilibrando il tutto e lasciando ad ogni personaggio il giusto margine per esprimersi, senza che nessuno calpesti i piedi dell’altro.
Se a questo si aggiunge la comicità, una comicità semplice ed efficace, ritagliata su misura ad ogni protagonista, allora è fatta, e alla grande. Mai avrei pensato che Hulk potesse essere così divertente.

Poi, gli attori.
Robert Downey Jr. fa il suo come sempre, gli basta tenere la faccia che si porta appresso e va tranquillo nel suo essere miliardario e filantropo (poi non so come sia suonata la battuta in italiano).
Scarlett Johansson fa il suo come sempre nel suo essere espressiva quanto un comodino, e come sempre ci regala rotondità che nella tutina di pelle fanno sorvolare sul resto. E poi ha due labbra che con una volta staresti bene per tre mesi. Minimo. Ma dio quant’è incapace.
E poi, signore e signori, Mark Ruffalo. Sarà l’assonanza con un cognome a me familiare, sarà che è un misto tra Jeff Goldblum e Michael Keaton (viaggio mio), ma il suo Bruce Banner è talmente e deliziosamente sociopatico e preso male e intristito che in coppia con lo Sherlock miliardario e filantropo vanno a braccetto manco fossero Sandra e Raimondo.
Se a tutto questo si aggiungono scene d’azione a embolia mille e una scena finale dove c’è il CAOS e le sberle «e poi Iron Man ha fatto PIIIEOOUUWWWW!!!» (che è esattamente quello che vogliamo) e le battutine divertenti, allora siamo di fronte ad un prodotto con i controfiocchi, che riabilita le schifezzuole precedenti e fa ben sperare per il seguito, benché abbia alzato, e di molto, l’asticella di fighismo per tutto il genere (ringrazio il Doc per l’acuta osservazione).
Che dire, una bomba. Bravi tutti.

Tributo a Sage Stallone


di Marco Cullorà


Avrei voluto disquisire filosoficamente di un'altra opera grassa e immorale di Steven Seagal, ma non lo farò. Stamattina ho appreso la notizia della morte di Sage Stallone, figlio di Sly, per un'overdose di farmaci.

La mia mente è andata subito a "Rocky V", il film d'esordio di Sage, il film che ha messo la pietra tombale su una carriera mai decollata.

È il problema dei figli d'arte, dei figli che "vivono all'ombra del padre" come si sente spesso dire, dei figli che se hanno successo è per il cognome che si portano o che se non hanno successo rimangono nell'ombra a vita. Questo è un ragionamento standard indipendentemente dalle qualità artistiche.

Esordire nel film meno redditizio e memorabile di una saga cinematografica, che ha tirato su un oltre un miliardo di incassi e ha portato in gloria tuo padre, è già una mazzata.

Esordire in un contesto in cui tuo padre inizia il declino di carriera per effetto di un tipo di cinema che non gira più, con il cognome che ti porti, è una doppia mazzata.

Se aggiungi che in 22 anni di carriera vieni principalmente ricordato per essere figlio di tuo padre pure nella finzione (Sage interpretava il figlio di Rocky), allora crei la ricetta della frustrazione.

Eppure "Rocky V" non è il sequel pessimo e inevitabile che cercano di spacciare da anni. Non è il film più riuscito, però non è nemmeno da buttare via...i parametri per giudicarlo sono soggettivi.

Forse la questione sta nel prendere la saga di Rocky non tanto come una saga di film con i sequel più o meno riusciti, ma come un unico periodo di vita, 30 anni, di un uomo. Il periodo di ascesa e discesa di un uomo comune.

Perchè Rocky e Sylvester Stallone sono la stessa persona con un lavoro diverso. Entrambi sono stati reietti fino a 30 anni. Entrambi sono diventati campioni, Rocky con la boxe, Stallone con gli incassi. Entrambi sono caduti e sono ritornati ad essere reietti.

Stallone è tornato reietto prima ancora di girare "Rocky V", agli inizi di un decennio che stava rapidamente cambiando i gusti e i consumi. Un decennio con l'imperialismo americano in crisi che non aveva più miti da esportare, né la forza con cui esportarli. Sono gli anni delle commedie, dei "Mamma ho perso l'aereo", dei "Senti chi parla", dei "Beethoven", dei thriller sempre più complicati, degli horror sempre meno horror, di quei film d'azione fatti da attori anacronistici.

"Rocky V" è la malinconia perpetua di un periodo aureo vissuto che non può più tornare. È il pugile che perde tutto, ritorna ad essere reietto e rimane impotente perchè privato anche del suo lavoro di pugile, del ring dove si trasformava in un'altra persona e faceva la guerra al mondo, incanalando una rabbia mai sopita, la rabbia della strada.

"Rocky V" è la difficoltà per un uomo di accettare di non aver realizzato i propri sogni e di essere tornato al punto di partenza, allo status di stronzo del quartiere, mentre la vita scorre inesorabilmente in avanti e i flashback costituiscono quanto rimasto indietro.

"Rocky V" è la consapevolezza di Stallone di aver fatto il proprio tempo, dal punto di vista artistico, prima ancora che fosse il pubblico a decretarlo definitivamente nei successivi anni. Si vive di ricordi, si mettono questi ricordi oggi in un "Demolition Man", domani in un "Dredd – La legge sono io", senza replicare i fasti del passato, senza riottenere la gloria degli anni '80.

Di Sage Stallone si sa molto poco, come si sa ancora molto poco sulla sua morte. Anche lui probabilmente è stato se stesso nella finzione, come un qualsiasi figlio adolescente che ha rapporti problematici con il padre, inaspriti dalla poca presenza di quest'ultimo, ma rigenerati dall'amore padre-figlio.

In una personale valutazione di Rocky e sulle similitudini con la reale vita di Sly, mi viene da dire che il rapporto fra Sly e Sage fosse probabilmente simile a quello che si vede in "Rocky Balboa": un figlio che vive all'ombra del padre, un figlio che non sopporta la condizione di un cognome visibile, un figlio che comunque vuole bene al proprio genitore.

“Hey fusto, la vuoi sentire una nuova?” “Perchè no!” “Toc toc!” “Chi è?” “Un merlo che fa me!” “Come un merlo che fa me?” “Eh scusa, se la mucca fa mu, allora il merlo deve fare per forza me!” (cit. “Rocky V”, successivamente diventato l'intro “Rum Casusu” del disco “Italyan, Rum Casusu Cikti” di Elio e le Storie Tese)