martedì 17 luglio 2012

Tributo a Sage Stallone


di Marco Cullorà


Avrei voluto disquisire filosoficamente di un'altra opera grassa e immorale di Steven Seagal, ma non lo farò. Stamattina ho appreso la notizia della morte di Sage Stallone, figlio di Sly, per un'overdose di farmaci.

La mia mente è andata subito a "Rocky V", il film d'esordio di Sage, il film che ha messo la pietra tombale su una carriera mai decollata.

È il problema dei figli d'arte, dei figli che "vivono all'ombra del padre" come si sente spesso dire, dei figli che se hanno successo è per il cognome che si portano o che se non hanno successo rimangono nell'ombra a vita. Questo è un ragionamento standard indipendentemente dalle qualità artistiche.

Esordire nel film meno redditizio e memorabile di una saga cinematografica, che ha tirato su un oltre un miliardo di incassi e ha portato in gloria tuo padre, è già una mazzata.

Esordire in un contesto in cui tuo padre inizia il declino di carriera per effetto di un tipo di cinema che non gira più, con il cognome che ti porti, è una doppia mazzata.

Se aggiungi che in 22 anni di carriera vieni principalmente ricordato per essere figlio di tuo padre pure nella finzione (Sage interpretava il figlio di Rocky), allora crei la ricetta della frustrazione.

Eppure "Rocky V" non è il sequel pessimo e inevitabile che cercano di spacciare da anni. Non è il film più riuscito, però non è nemmeno da buttare via...i parametri per giudicarlo sono soggettivi.

Forse la questione sta nel prendere la saga di Rocky non tanto come una saga di film con i sequel più o meno riusciti, ma come un unico periodo di vita, 30 anni, di un uomo. Il periodo di ascesa e discesa di un uomo comune.

Perchè Rocky e Sylvester Stallone sono la stessa persona con un lavoro diverso. Entrambi sono stati reietti fino a 30 anni. Entrambi sono diventati campioni, Rocky con la boxe, Stallone con gli incassi. Entrambi sono caduti e sono ritornati ad essere reietti.

Stallone è tornato reietto prima ancora di girare "Rocky V", agli inizi di un decennio che stava rapidamente cambiando i gusti e i consumi. Un decennio con l'imperialismo americano in crisi che non aveva più miti da esportare, né la forza con cui esportarli. Sono gli anni delle commedie, dei "Mamma ho perso l'aereo", dei "Senti chi parla", dei "Beethoven", dei thriller sempre più complicati, degli horror sempre meno horror, di quei film d'azione fatti da attori anacronistici.

"Rocky V" è la malinconia perpetua di un periodo aureo vissuto che non può più tornare. È il pugile che perde tutto, ritorna ad essere reietto e rimane impotente perchè privato anche del suo lavoro di pugile, del ring dove si trasformava in un'altra persona e faceva la guerra al mondo, incanalando una rabbia mai sopita, la rabbia della strada.

"Rocky V" è la difficoltà per un uomo di accettare di non aver realizzato i propri sogni e di essere tornato al punto di partenza, allo status di stronzo del quartiere, mentre la vita scorre inesorabilmente in avanti e i flashback costituiscono quanto rimasto indietro.

"Rocky V" è la consapevolezza di Stallone di aver fatto il proprio tempo, dal punto di vista artistico, prima ancora che fosse il pubblico a decretarlo definitivamente nei successivi anni. Si vive di ricordi, si mettono questi ricordi oggi in un "Demolition Man", domani in un "Dredd – La legge sono io", senza replicare i fasti del passato, senza riottenere la gloria degli anni '80.

Di Sage Stallone si sa molto poco, come si sa ancora molto poco sulla sua morte. Anche lui probabilmente è stato se stesso nella finzione, come un qualsiasi figlio adolescente che ha rapporti problematici con il padre, inaspriti dalla poca presenza di quest'ultimo, ma rigenerati dall'amore padre-figlio.

In una personale valutazione di Rocky e sulle similitudini con la reale vita di Sly, mi viene da dire che il rapporto fra Sly e Sage fosse probabilmente simile a quello che si vede in "Rocky Balboa": un figlio che vive all'ombra del padre, un figlio che non sopporta la condizione di un cognome visibile, un figlio che comunque vuole bene al proprio genitore.

“Hey fusto, la vuoi sentire una nuova?” “Perchè no!” “Toc toc!” “Chi è?” “Un merlo che fa me!” “Come un merlo che fa me?” “Eh scusa, se la mucca fa mu, allora il merlo deve fare per forza me!” (cit. “Rocky V”, successivamente diventato l'intro “Rum Casusu” del disco “Italyan, Rum Casusu Cikti” di Elio e le Storie Tese)

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