martedì 8 novembre 2011

SPECIAL SCADUTO DI HALLOWEEN 2011

- di Marco Cullorà


Qual è la differenza fra un recensore semi-serio e un recensore di tamarrate come il sottoscritto? Il recensore semi-serio sceglie sempre film complessi dai mille significati, vi parla della bellezza intrinseca della fotografia, della bravura dell’aiuto regista e di tante altre amenità. Il recensore di tamarrate fra trama e tutto riempie mezza pagina scritta male, ma il suo cuore di semplice spettatore gli permette di andare oltre.
Questo verboso special è stato concepito con un mese di ricordi d’infanzia-adolescenziali e assemblato come un mastodontico puzzle da 3000 pezzi, giorno per giorno. Purtroppo ho impiegato più tempo del previsto perché non ho avuto l’occasione di scriverlo in una notte, col peso del kebab sullo stomaco e il tasso alcolemico almeno due volte più alto del normale. Vi assicuro però che si lascia leggere lo stesso, anche se è grosso come una porzione “cuoredimamma”.

HO GUARDATO LA MIA FACCIA ALLO SPECCHIO E HO ABORRITO: L’HORROR

“La gente ci tiene tanto a sapere perché scrivo roba così truculenta. Mi piace dire che è perché ho il cuore di un ragazzino. Lo tengo dentro un barattolo sulla mia scrivania.” (Stephen King)

Terzo special, terza citazione. Questa volta apro con Stephen King, il Re della letteratura horror odierna. Ma cosa intendo per horror? L’horror per me è terrore, oscurità, claustrofobia. Ai giorni nostri si esprime attraverso gli omicidi sempre più strani ed elaborati di Saw, un primo film che si lascia vedere a stento e una saga completamente inutile. La bambina emo di The Ring, il classico filmaccio giapponese con queste bambine che fluttuano nell’aria con i capelli davanti. Poi i fantasmi di Paranormal Activity, figli zoppi e deformi delle presenze di Poltergeist. Questo è l’horror di massa odierno. Possiamo definirlo come il 1985 alternativo di Ritorno al futuro II: brutto, osceno e rovina della civiltà fiorente delle decadi precedenti.

In principio, negli anni ’30-’40, c’erano Frankenstein, Dracula e la Mummia a terrorizzare gli adolescenti che saltavano i fossi per la lunga. Questi personaggi hanno costruito le fondamenta del genere horror che abbiamo amato, l’horror con le atmosfere claustrofobiche e quelle musichette che ti facevano venire la pelle d’oca. Sono i padri di tutti quei mostri, serial killer che negli anni ’70-’80 fiorivano come funghi nei boschi.
Certo, adesso li trovereste ridicoli, fuori tempo massimo e inutili.
Ridereste di Frankestein e di Dracula perché siete abituati ad arti che rimbalzano come palline da tennis, intestini srotolati come pompe d’acqua nelle camionette dei pompieri, killer mascherati che ammazzano Drew Barrymore, mentre i genitori vanno a chiedere aiuto ai McKenzie (il tipico vicino di casa dei film horror, vicino per modo di dire perché è sempre lontanissimo).
Però facevano paura ai tempi, nonostante il bianco e nero che mascherava qualsiasi liquido di colore scuro. Tanto sono rimasti nei sogni dei giovani che sono stati rifatti tantissime volte nelle decadi successive, sfruttando le tecnologie più avanzate del periodo. Poi negli anni ‘60 è cambiato tutto: arriva Alfred Hitchcock e tutta quella meravigliosa pletora di registi italo-americani, citati da Tarantino nei suoi films, e i nostri mostri diventano un po’ obsoleti.

Frankenstein continua a lavorare, diventa un semi-dio con Frankenstein Junior, però si ritira presto a vita privata e diventa il padre di Ottavio, l’amico di Goku in Dragon Ball; Dracula, nonostante l’oscuramento mediatico, continua a lavorare in molte produzioni a basso costo negli anni ’70, fino a toccare il fondo nel 1985 con il film Fracchia contro Dracula. Il nostro nemico vampiro vivrà una seconda stagione aurea, come uno sportivo over 35, negli anni ’90 con Francis Ford Coppola per la versione seria e Mel Brooks per la versione comica.
La Mummia? Beh la Mummia è quella messa peggio, finisce per diventare un brutto film di fine anni ’90 con Brendan Fraser.

Questo è uno scenario troppo desolante, mi sento male. Apro il librogame immaginario del cinema e lancio il dado: “Se hai fatto 5 vai agli anni ‘80”. 5.

Siamo nella decade dell’esagerazione, gli eighties. In questi anni qualsiasi film horror ha automaticamente un sequel o più di uno e nascono in questo modo lunghe saghe cinematografiche, destinate a durare per anni.
Immaginiamo lo sconforto di una giovane adolescente che ascolta Cyndi Lauper e si ritrova a dover guardare il trailer dell’ennesimo capitolo di Venerdì 13 o di Halloween o Nightmare, ma quella era la prassi, dare un sequel a tutto quello che si muoveva nel mondo dell’orrore.
Queste saghe avevano un obiettivo massonico ben preciso, quello di farti simpatizzare per l’antagonista, nella maggior parte dei casi un serial killer schizzato con poteri sovrannaturali. Quindi nella maggior parte dei casi in ogni film il protagonista era diverso e non ti davano il tempo per affezionarti. L’unico personaggio fisso era il serial killer, un patologo senza laurea, che ammazzava tutti senza nessun tipo di sentimento.
Va detta una cosa, nessuno di noi nella vita reale ha simpatia per un serial killer. Certo quante volte abbiamo pensato “Mi dessero 5 giorni di galera vi ammazzerei tutti”, ma tra il dire e il simpatizzare c’è di mezzo il mare o, per non cadere nel luogo comune, “e il” (Elio e le Storie Tese cit).
Eppure quando arrivi al quarto capitolo di Nightmare ti gratti la testa e inizi ad avere un po’ di confusione: “Eh tutti questi protagonisti che cambiano in continuazione, non si sa che fine abbiano fatto, almeno Freddie è presente dal primo film e incomincia pure a starmi simpatico.
Questo di norma succede fra il terzo e il quarto film. Per il quinto gli sceneggiatori hanno già finito le idee da un pezzo, però sono dei volponi e iniziano a infarcire il copione di momenti ironici e divertenti. Quando attuano questa mossa non ci puoi fare niente caro neofita del cinema tamarro, te lo dico proprio col cuore, perché in questo caso Eros ha già scoccato la freccia destinata a colpire te e il cattivo che ti fa ridere. 
Un esempio? La bambola assassina. Quel film di fine anni ’80 già al primo episodio ti fa innamorare del dolcissimo Chucky, un bambolotto posseduto dall’anima di un serial killer. La scena madre che fa scoccare la scintilla è quella in cui si anima e insulta la moglie (più giovane visto che è un film dell’88) del reverendo Camden di Settimo Cielo. Guardatela e pensate: non è adorabile? Non avete già cominciato a simpatizzare per lui? La vostra risposta affermativa vi conferma il vostro status di persona normale, siete solamente caduti, come tutti, nel trappolone delle saghe.

EVIL DEAD (LA CASA) E SAM RAIMI

È un genio. Potrei concludere questo paragrafo con una sola frase ma credo vogliate una spiegazione su uno dei più grandi idioti, in senso positivo, che il mondo cinematografico ha partorito negli ultimi 30 anni.
Lui si chiama Sam (sì, come il personaggio di Sean Penn) Raimi. Lo ricorderete per la trilogia di Spiderman, che l’ha rilanciato nella prima decade del nuovo millennio, ma in passato quest’uomo ha creato Evil Dead, un titolo un perché.
Evil Dead (La Casa in italiano) è una trilogia horror o quasi fatta nell’arco di 11 anni, dal primo episodio del 1981 al terzo del 1992. In questo lasso di tempo molte saghe sarebbero già arrivate a fare 4, 5 film (solo Venerdì 13, da quando ha esordito nel 1980, ne sfornava uno all’anno), ma lui no, era estraneo ai ritmi dell’industria cinematografica.

La prima particolarità di Evil Dead è che è una saga che non ha debolezze strutturali, ma si fortifica sempre di più in ogni episodio. Il primo episodio esce nel 1981, un periodo in cui le saghe horror sono ancora in stato embrionale e solo alcuni film come Venerdì 13 e Halloween hanno già un sequel. Fatto con mezzi di fortuna, questo primo capolavoro passa leggermente in sordina e diventa nel giro di pochi anni un cult movie a basso costo. La trama è semplicissima: un gruppo di cinque amici fa un weekend in uno chalet di montagna, ma risvegliano attraverso il Necronomicon, il libro dei morti, un demone maligno e da lì è un’escalation di violenza e sangue. In questo primo capitolo si delinea il protagonista della saga, divenuto poi un simbolo del cinema horror, Ash.
Icona.

Quando viene annunciato un secondo capitolo si crea molta attesa. A Sam viene dato un budget molto più consistente, circa 3,5 milioni di dollari, ma c’è un problema non da poco: la trama, l’ambientazione, tutto. I sequel non riescono mai ad eguagliare il primo capitolo di una saga, finiscono sempre per autocelebrare il personaggio protagonista e a ripetere le stesse basi della trama per non creare dei flop inattesi e poterci tirare su quanti più soldi possibili. Questo vale soprattutto con le saghe horror, che si avvalgono della presenza fissa dell’antagonista per sopravvivere e su quello gli costruiscono una trama basilare per giustificare il canonico massacro.
Evil Dead 2 esce nel 1987 ed è la nascita di una leggenda. Questo sequel nei primi 10-15 minuti è un remake del primo film, con la differenza che ad andare nello chalet sono solo Ash e la fidanzata Linda. Il resto della trama non è tanto differente, ma è in questo film che nasce ufficialmente il personaggio di Ash, l’uomo con la motosega al posto della mano destra e il fucile a canne mozze nella sinistra.
L’elemento principale del film è il tocco di commedia grottesca ed esagerata tenuta splendidamente dall’immortale Bruce Campbell, vero talento nell’uso dello slapstick, la comicità espressa con il linguaggio del corpo. Si delinea con questo secondo capitolo un’altra grande differenza di “Evil Dead” dalle altre saghe: la mancanza di un antagonista preciso e presente in tutti i film, con la sua triste storia.
Sembrava un’impresa impossibile superare il primo film ma Evil Dead 2 riesce nell’intento. Non siamo più nelle atmosfere drammatiche e orrorifiche del primo film, ma in una commedia nera e parodistica di tutti gli horror del periodo, come se Raimi avesse speso 6 anni della sua vita a guardare e riguardare tutti gli horror e ne avesse amplificato le esagerazioni: donne demone che sembrano parodie sgangherate de L’esorcista, oggetti che ridono, sangue rosso, nero e verde, Ash stesso che si fabbrica il supporto per la motosega nel capanno del vecchio zio Tom del Kentucky etc.

Ma è il personaggio di Ash a dare un valore immenso a questa seconda opera d’arte, differenziandola dalle altre saghe per la presenza di un protagonista maschile. Negli horror siamo sempre stati abituati a vedere una donna come ultima sopravvissuta (da qui il termine final girl), disarmata e spaventata a morte dal suo aggressore. La costante di questi film è che la donna riesce sempre a scappare dal massacro o riesce a mettere fuorigioco l’antagonista, spesso senza ucciderlo del tutto (andate voi a spiegare ai bambini perché Jason Voorhess batte Cristo nel numero di resurrezioni). Raimi invece toglie la final girl fuggiasca e mette in campo Ash, un giovane commesso dei magazzini S-Mart, reparto ferramenta. Ash è l’anti-eroe per eccellenza perché è goffo, perché è un’idiota che le prende da tutti, però si rialza e ce la fa sempre e noi con questo ci andiamo a nozze.
Le piglio da tutti ma poi li disfo a schiaffi
Nel momento in cui subentra Ash, subentra la quarta differenza fondamentale: questa è tutta una grande messinscena, una commedia che si prende gioco dell’horror. Entra come aria fresca nella vostra cameretta puzzolente di stantio per tutti quei sequel pieni di morti squartati in 1000 modi diversi, ma senza soluzioni di trama differenti.

Mentre stai leggendo i miei deliri, hai sentito dei rumori e dei lamenti. Mostri dai versi strani, definiti subito inguardabili (“Perché la voce è lo specchio dell’anima” cit di Jim Morrison, citato da Gandhi, entrambi citati da Fabio Volo), grattano la porta della tua mansarda, assetati del tuo sangue. Ti stai chiedendo perché si siano risvegliati a casa tua, perché sia successo a te, poi guardi il dizionario di latino-italiano che hai sul tavolo e ti ricordi tutto. Questa mattina hai fatto una versione pessima, di quelle da scommessa “10 euro sull’unghia che ho preso 4 e hai sbagliato a tradurre un dialogo di Catilina, ma non è quello il problema…la frase sbagliata che hai ripetuto ad alta voce con l’imprecazione è una formula magica del Necronomicon e adesso hai risvegliato la furia dei demoni. Alzati, è tempo di impugnare la motosega, caricare il fucile a canne mozze e di scendere a eliminarli. Stai tranquillo, nella peggiore delle ipotesi finirai indietro nel 1300 con l’auto di tuo padre. Bene, è successo. Sei finito in una delle più grandi avventure degli anni ’90: L’Armata delle Tenebre.

CRONACHE DI HALLOWEEN CASALINGO - L’ARMATA DELLE TENEBRE (1992)

Ogni festività religiosa ha i suoi film in prima visione tv: la vigilia di Natale ha l’immancabile Una poltrona per due; Natale stesso ha il suo ciclo di film fra Il Grinch e Mamma ho perso l’aereo; da Santo Stefano fino all’epifania tutta una serie di film collegati alle feste natalizie, anche uno pessimo di Schwarzenegger dal titolo Una promessa è una promessa. Pasqua ha ovviamente un film sugli ultimi giorni di vita di Gesù, mentre halloween mette in crisi tutti. La tradizione vorrebbe che ad halloween si guardi il film Halloween, ma sa troppo di “Bonsci bonsci bon bon bon pappappara”. Attenzione però, la sera di halloween si verificano tre condizioni:

1)      Esci da solo e vai a una di quelle feste assurde nei locali, spendi eccessivamente e poi torni a casa ancora più triste perché non hai concluso niente e ti senti anche un po’ sfigato.
2)      Esci con i soliti quattro stronzi, con la differenza che a questo giro avete tutti quanti il make up. Andate sempre a una festa o ve la organizzate a casa con un film annesso (in questo caso rimando al paragrafo successivo), però non riesci a stringere amicizia con gli amici degli amici perché diffidi dei loro costumi (oh mal che vada li adderò su fb).
3)      Rimani a casa perché sei un po’ cinico, non ti interessano queste cose, né ti interessa il divertimento fashion dei tuoi coetanei. Per questo motivo esci solo con quei quattro stronzi che hanno ancora la pazienza di ascoltarti. Però succede che rimani a casa la sera perché i tuoi amici quella sera stessa non ci sono. La soluzione? Un film. Ok, questo sono io nella mia quotidianità.

Inizio a rovistare fra i dvd: “Questo no, Die Hard no. Stallone no, domani c’è Lo Specialista. L’Armata delle Tenebre! Quanto tempo!”
Va bene, torno un attimino serio. Il film che mi appresto a recensire ha pochissimo del genere horror e molto del genere comico/fantasy. Subito è scattata la domanda legittima: dopo che vi ho fatto il pippone evitabilissimo sull’horror, perché lo sto recensendo?
Perché L’Armata delle Tenebre è uno di quei film che non invecchieranno mai, che non hanno bisogno di un remake discutibile per ottenere una linfa vitale ormai persa. Vi emoziona come la prima volta, risveglia in voi citazioni assopite e momentaneamente messe da parte e, cosa più importante, vi carica come una molla.
La prima volta che l’ho visto avevo 14 anni e mi sono venute le convulsioni per 45 minuti. Il giorno dopo l’ho rivisto e ho immagazzinato le citazioni che sono ancora ben nitide nella mia mente. Oggi è uno di quei film che rivedo sempre volentieri, con gli occhi dell’amore.
Partiamo per gradi. L’Armata delle Tenebre è il terzo ed ultimo capitolo della saga Evil Dead. Dopo il successo di Evil Dead 2, volutamente lasciato con il finale aperto in cui Ash viene risucchiato dal vortice e mandato indietro nel tempo, si crearono tutta una serie di sequel apocrifi, non originali, per “battere il ferro finchè caldo”. Nell’ordine nacquero tre nuovi e squallidi capitoli “La Casa 3, 4, 5, fatti in tre anni, che non avevano niente a che vedere con l’originale.
Possiamo immaginare diverse reazioni di Sam Raimi di fronte a questa spazzatura:

1) Irritazione: “Vabbè passi per il 3, il 4, ma il 5 diretto da Claudio Fragasso…ma che c’ho scritto giocondo in fronte?”
2) Incazzatura alla Mickey: quella nella scena di Rocky II in cui guarda l’intervista di Apollo Creed, sobbalza con la tazzona di latte e urla “Disgraziato!”. Poi va a suonare alla porta di Bruce Campbell e gli dice “Gli dobbiamo spaccare il muso a quelli!”

Qualunque sia stata la reazione, Sam decise di riprendere in mano la storia di “Evil Dead” e di sviluppare il terzo capitolo dal finale aperto del secondo film. Questa volta gli danno in mano 11 milioni di dollari come budget e, forte di nuove e roboanti aspettative, si diverte a creare ambientazioni, scene e situazioni che solo 5 anni prima sembravano inimmaginabili.
Nel 1992 esce L’Armata delle Tenebre ed è uno shock totale, perché Sam Raimi ha realizzato di nuovo il colpaccio e surclassato l’impresa impossibile: superare Evil Dead 2 e superarlo proprio dalle esagerazioni presenti in quel film.
Non c’è più l’horror, non c’è più il sangue (ce n’è pochissimo) e non ci sono più atmosfere cupe e claustrofobiche della vecchia capanna nel bosco. Tutto questo ha lasciato spazio a una commedia fantasy dal retrogusto horrorifico e dalle risate assicurate; altro non è che la completa trasformazione a farfalla della saga: prima c’era il bruco di Evil Dead, poi il bozzolo di Evil Dead 2 e con L’Armata delle Tenebre la farfalla idiota dal nome Ash spicca il volo.
La trama è ridotta all’osso per la predisposizione di Raimi a concentrarsi sulle singole scene, per cui avrete la sensazione di divertirvi come a uno spettacolo di Benny Hill o a qualche cartone, però con un filo logico e con le parolacce che il vostro fratellino di 5 anni sta già ripetendo.

Tutto riprende da dove era finito il secondo capitolo: Ash torna indietro nel tempo, nel 1300, e viene catturato dai cavalieri di Lord Arthur, accusato di essere una spia di Enrico il Rosso. Riesce a liberarsi in maniera rocambolesca anche grazie all’aiuto del Mago, al servizio di Lord Arthur, e viene visto come colui che salverà la popolazione dalle forze del male. Per ritornare al suo tempo Ash dovrà recuperare il Necronomicon, ma non tutto va come dovrebbe effettivamente andare…
Come detto, la trama è molto semplice e funzionale ma sono i dettagli a fare la differenza in questo film, ad elevarlo allo status di leggenda degli anni ’90.
Innanzitutto c’è il nostro Ash, diverso da come lo ricordavamo. La trasformazione del film da commedia nera/horror a commedia fantasy ha trasformato anche la personalità del nostro anti-eroe, non più troppo spaventato e tremante. Ash diventa un John McClane dei magazzini S-Mart, “I migliori d’America!”: stessa arroganza, predisposizione a prendersi legnate ovunque, da chiunque e in qualunque modo e poi vincere contro mezzo mondo; stessi vestiti che cambiano colore non per effetto del candeggio sbagliato in lavatrice, ma per il sudiciume che immagazzinano. Ma soprattutto stesso livello di battute cult che recitiamo a memoria e con la voce ferma, come Samuel Jackson recita Ezechiele 25, 17 prima di sparare.
Presobenissimomaveramentetroppo

Il secondo dettaglio e punto forte è l’ambientazione in cui si svolgono gli eventi del film. Siamo nell’anno domini 1300, a quei tempi un’arma da fuoco come il remington di Ash e la più moderna motosega non erano pronosticabili neppure da Tiresia e neanche fabbricabili con la miglior creatività di McGyver. E quindi? Niente proiettili e niente benzina per alimentare la motosega. Eppure Ash non ne ha bisogno, perché il suo fucile spara a ripetizione (lo ricaricherà solamente in una scena) e la sua motosega si accende senza scaricarsi mai. Sembra un codice di GTA, di quelli che devi scrivere ARMYOFDARKNESS, ma non lo è. 
Passi per le armi, ma anche i presunti elementi di normalità di un periodo come quello medievale brillano sotto la stella dell’esagerazione. Il castello di Lord Arthur, ad esempio, sbuca fuori dal nulla, costruito su un’immensa zona desertificata e senza una città intorno. Questo vi farà pensare che Budd di Kill Bill Vol. 2 con la sua roulotte in mezzo al deserto sia un dilettante.
In questo calderone aggiungete i classici mostri grotteschi e donne possedute, la mano meccanica che Ash si costruisce con l’aiuto del fabbro e l’invenzione della “Tritaossa”, ovvero come ti rimetto apposto un’automobile e la modifico meglio dei tipi di Pimp my ride in soli 2 giorni e con i rudimenti di meccanica.
Sembra quasi tutto pronto, ma non poteva mancare il Necronomicon. Il libro-motore di tutti gli eventi della trilogia, coperto in pelle umana e scritto con il sangue, è ancora una volta la causa di tutte le disgrazie di Ash, ma non è più il fosco presagio di morte dei primi due capitoli, assume anch’esso una connotazione comica, fondamentale per la riuscita del film.
L’unico punto debole, anzi meglio chiamarlo semi-debole, è la mancanza di personaggi secondari concreti; esistono ma non sono di rilievo. Questa mancanza avvantaggia Ash, che diventa il protagonista assoluto di quasi tutte le scene e a sua volta addirittura il personaggio secondario, però ne possiamo identificare alcuni: il Mago, un piccolo uomo sempre serio con la barba degli ZZ Top; Sheila, l’anonima fiamma medievale di Ash e lo stesso Lord Arthur, che acquisisce peso verso l’ultima parte del film. Nonostante questi personaggi siano un mero contorno in tutto il film, hanno la tipica abilità dei caratteristi dei film trash/action, ovvero quella di farsi ricordare per un solo gesto compiuto o per una sola battuta detta. Ad esempio Enrico il Rosso è un personaggio che comparirà in pochissime scene e dirà pochissime battute, ma una di queste sarà necessaria per una scena leggendaria.
Il cattivo di turno è l’armata delle tenebre, l’esercito di grotteschi e divertenti scheletri redivivi che affronterà Ash e i cavalieri di Lord Arthur. Uno scontro talmente epico che posso scriverci 5 pagine, ma l’unica cosa che posso scrivere è che va vissuto.
Mi fermo qui perché non sono riuscito nemmeno a rendere il 5% della maestosità di questo capolavoro, per me ai tempi fu un colpo di fulmine.
Perché è proprio così, con quel film non può non essere un colpo di fulmine, non può lasciarvi indifferenti. Sì, ha una trama ridotta all’osso e con questo? C’è poco sangue e poco horror e allora? Ve l’ho detto, è una grande messinscena. Se passerete oltre a questi pensieri, troverete una nuova ragione per rialzarvi dai momenti di sconforto.

Ti succhierò l’anima!” “Vieni a prenderla.”

Cose non dette che vi devono convincere: Motivo per esaltarsi Part I


Il sipario si apre su Ash, una rappresentazione sguaiata di Cristo che porta la croce, picchiato e frustato dai cavalieri di Lord Arthur e con le braccia bloccate in quei lunghi tavoloni di legno, tipici del medioevo. La sua voce fuoricampo (la sua voce vi ricorda qualcosa? Indiana Jones e l’ultima crociata) riassume in 2-3 minuti le vicende di “Evil Dead 2, l’arrivo nello chalet, il risveglio delle presenze, la mano demoniaca etc. Tutto questo con le scene addirittura reinterpretate (una cosa tanto trash quanto onlyfuckin’heart!). Una progressione continua fino ai titoli di testa più belli della storia, da ululato di esaltazione cubica: BRUCE CAMPBELL VS ARMY OF DARKNESS

Motivo per esaltarsi Part II

Questo film merita di essere guardato almeno per i primi piani di Bruce Campbell, uno degli attori più espressivi degli ultimi 30 anni. Le inquadrature di Raimi sono bellissime, mette in risalto ogni dettaglio, ma le facce di Bruce…non si possono spiegare. Ogni volta che le vedo mi piego in due dal ridere ed è impossibile non farlo.  

(Motivo per esaltarsi Part III) L’Armata delle Tenebre

Ancora che sto a scrivere…guardalo!

LA FENOMENOLOGIA DELLO SPETTATORE HORROR
Avvertenza: questo paragrafo è frutto dell’esperienza del recensore. Quanto scrive potrebbe essere vero o potrebbe essere falso. L’unica certezza è che l’ha vissuto.

Esiste una sola regola fondamentale quando vedete un film con i vostri amici, che siate a casa o che siate al cinema. Se non c’è un’esplosione o una fontanella di sangue, allora non è un film. Perché? Perché guardare un film tamarro è l’equivalente di andare a un concerto, ci devi andare con qualcuno per condividere la gioia delle canzoni e il dolore che provi mentre ti schiacciano sulle transenne. Questa legge di vita quotidiana si applica anche per i film, perché hai bisogno di qualcuno che butti via il tuo stesso tempo se il film è più brutto di “Ruslan” di Steven Seagal.   
E allora cosa si fa? Si organizzano le visioni collettive. Vi sarà capitato almeno una volta nella vita di guardare un film horror con un gruppo di vostri amici e avrete notato che non tutti hanno la stessa reazione di fronte al terrore. Uno ride, l’altro ha i tic nervosi, un altro ancora ha lo sguardo assente etc.
Questo inutile quarto paragrafo vi metterà a disposizione una parte della mia esperienza in fatto di visioni collettive. Guardate i film, ma ogni tanto osservate chi avete di fianco e i suoi comportamenti e quando lo farete, ricordatevi che quanto scritto non è universale (o forse sì?)

Il primo a morire/l’ometto di casa: è l’amico che ha la casa grande e soprattutto il divanone. Non organizza mai un cineforum casalingo, quindi si limita a subire l’iniziativa dei suoi amici e ad aprire un tavolo di trattativa con i genitori, una settimana prima dell’evento. Una volta che sua madre ha accettato (il padre dirà, leggendo il giornale “Ma sì sono ragazzi”), inizia a subire per due giorni un’intensa fase di terrorismo psicologico sui comportamenti che i suoi amici devono tenere. Inutile dire che svilupperà tutta una serie di tic nervosi. Durante il film il suo unico terrore è che voi possiate spostare o rompere inavvertitamente qualcosa, quindi avrà sempre una mano sulla sedia per scattare e bloccarvi per tempo. Nel peggiore dei casi voi ne uscirete incolumi, mentre la madre, al ritorno, si trasformerà in una mantide religiosa e gli staccherà la testa nel dopocena. Questo è il destino del primo a morire.

L’ometto di casa è ancora peggio, perché è l’amico che non è riuscito a sfrattare sua madre per il pomeriggio/sera e se la ritrova in giro per tutta la casa. La madre, messa subito in guardia, sfodera sempre la promessa da marinaio, tipica dei medici quanto ti dicono che non farà male: “Non ti preoccupare, non mi vedrete e non mi sentirete.” L’illusione cadrà rapidamente, sua madre farà capolino cinque volte in 25-30 minuti: la prima per salutarvi tutti, la seconda per chiedere al figlio dov’è la sua biancheria, la terza per portare il ciambellone calorico, la quarta per portarvi da bere e la quinta per chiedervi se volete altro. A questo punto è tutto irrimediabilmente compromesso per l’ometto di casa, che non uscirà più per almeno una settimana.

Il cultore dalla flessibilità: è per sua natura flessibile, riesce sempre a trovare momenti di ilarità anche nelle scene di puro terrore. Una camminatura goffa, uno sguardo terrorizzato, i versi assurdi del mostro o una scena di morte paradossale lo faranno ridere. Non è una persona chiusa e schematica, non concepisce i film horror come film di puro terrore e niente più. Tutto è possibile per lui, anche ricavare qualche momento divertente nell’atto stesso dell’omicidio.

Il cinico, detto Decano della cattiveria: è sempre presente in una compagnia. Se non riesci a trovarlo vuol dire che sei tu il cinico e questo ti causa uno sdoppiamento della personalità. Ride sempre nelle scene tragiche e la sua risata è sincera, proprio di cuore. È una fucina di battute cattivissime, le spara a un intervallo di tempo equivalente ai 100 metri di Usain Bolt, e non guarda in faccia nessuno, nemmeno i parenti. Per capirci, il cinico è in grado di prendere in braccio il nonno sulla sedia a rotelle e di dirgli: “Aha! Spassose queste gambe a spaghetto!
Nelle proiezioni tende a sistemarsi su una sedia a distanza sufficiente da tutti per schivare l’allungo dal divano. Dopo sei mesi che lo frequentate, inizierete a chiedervi se il cinico sia una persona realmente esistente o se sia il frutto della vostra immaginazione. Beh, per una volta la verità sta nel mezzo, il cinico esiste, ma è anche una proiezione della vostra mente e vi appare quando vi sentite mediocri e, nella vostra mediocrità, in grado di sopportare la sua cattiveria.

L’insoddisfatto: la differenza fra lui e i vecchi che guardano i cantieri è solo anagrafica. Entrambi si lamentano sempre. L’insoddisfatto guarda quasi esclusivamente film action e parte sempre prevenuto nei confronti di un film che non ha il suo attore preferito. Lo riconoscete dall’espressione annoiata, dallo sbuffo sistematico ogni 10 minuti, ma soprattutto da queste due frasi, ripetute almeno 5-10 volte: “Cazzo però potevano dare una parte a X!” “Pensa se in questa scena arrivasse X!

Il pisellone romantico: è il più tenero e quindi fa sempre una grande tenerezza. Il pisellone è l’amico che si innamora perdutamente della final girl del film, non perde l’occasione di poterla squadrare da capo a piedi e soffre quando lei si innamora di un altro. Quando torna a casa si mette subito alla ricerca del nome dell’attrice, le immagini su google, i video tributo su youtube. Nella prima fase si mette anche a guardare le telenovele dove recita la sua bella, sottotitolate in qualsiasi lingua. L’apice arriva nel momento in cui scova il contatto mail e si mette in testa di dichiararle il suo amore, ma la sua scarsissima conoscenza dell’inglese (è in grado di cantare e di capire solamente “Hello, Goodbye” dei Beatles) annienta ogni sua possibilità di conquistarla. A questo punto passa a una fase depressiva di 2-3 giorni in cui si chiederà perché è nato in Italia e perché non ha fatto il Pet a scuola. Una fase che dura proprio 2 giorni, proprio il tempo di scovare un’altra attrice sconosciuta e di ricominciare tutta la solfa.

L’impressionabile: è al suo primo film horror, non sa cosa sia e la cosa peggiore è che non sa che nei film horror muoiono anche i buoni. Soprattutto i buoni. La sua infanzia è stata segnata dal mito dei supereroi, eterni vincitori sul male supremo. La madre, figura severa e dispotica, ha selezionato i programmi e i cartoni che poteva vedere il pomeriggio, a suo dire adatti per il figlio. La sua merenda quotidiana consisteva in una mela e da un frullato di carote “che tanto bene fanno agli occhi ammamma”; niente dolci perché causano le carie, niente succhi perché hanno i conservanti. Questa massiccia assunzione di carote non gli hanno impedito di portare gli occhiali con le lenti rotonde.
Il suo impatto con i film horror è devastante, perché l’impressionabile pensa che la morte sia esclusiva delle persone malvagie, senza cuore. La sua espressione è un misto fra uno che c’ha lo squarraus e si trova davanti a un cesso a pavimento e il disprezzo per tutte quelle volte che la madre gli ha fatto mangiare i cavolfiori.

Il monoespressivo/il finto impavido: due veri presenzialisti delle visioni collettive.
Il monoespressivo ha già visto il film proposto, ma non lo dice per non creare un’altra disputa per un nuovo film. La sua espressione è impassibile, talvolta assente, per tutta la durata del film, non riuscirete a capire se lo sta realmente guardando o se si sta chiedendo con quale organo respiri. Il suo unico punto di riconoscimento è il mezzo sorrisino, accompagnato da uno sbuffo delle narici, che gli scappa quando riconosce una scena paurosa.

Il finto impavido è il secondo amico che ha visto il film. Al contrario del monoespressivo lui ve lo dice nel momento stesso che inserite il dvd, provocandovi già un odio del 25%. Come se non bastasse, ha la fastidiosa abitudine di anticiparvi le scene paurose con una grande spocchia, per poi sobbalzare e urlare dalla sedia per la paura quando arriva la scena stessa.

L’innamorato scazzato: è innamorato dell’amica ed è presente alle visioni solo se c’è la sua bella. Prima di venire ha contattato l’ometto di casa e gli ha pregato di predisporre i posti prima dell’arrivo di tutti. In questo caso, se il televisore dell’ometto di casa è spostato a sinistra, lui si siederà sull’angolo destro del divano con la ragazza al centro. Non ha particolare interesse del film (per questo motivo sceglie l’angolo con meno visibilità), vorrebbe soltanto che la ragazza rifugiasse gli occhi nella sua spalla sinistra, quando il killer colpisce. La sua tattica è apparentemente perfetta, ma trascura una legge fondamentale delle visioni collettive horror in caso di presenze femminili terrorizzate: se il televisore è spostato verso sinistra e la ragazza è seduta in mezzo, per guardare il film si sposterà più a sinistra e le verrà naturale coprirsi gli occhi sulla spalla del ragazzo alla sua sinistra, invece che con l’innamorato alla sua destra (fate finta d’aver capito). Infatti succede questo, che la ragazza si copre sulla spalla dell’altro ragazzo alla sua sinistra, e l’innamorato ci rimane malissimo e cambia l’espressione, da allegro a scazzato.

Il veggente bestemmiatore: questo personaggio è rarissimo, corrisponde all’ultima figurina che non avete mai trovato per completare l’album. Lo incontrerete una volta nella vita, se sarete fortunati, due al massimo se siete i prescelti. Non lo avete mai visto prima perché puntualmente è un amico di 50° (amico di un amico di un amico etc). Il suo vero nome non si sa, vive in un paesino sperduto, privo di tecnologia. E’ una presenza sfuggevole, si manifesta ai suoi amici due volte l’anno, come la vecchia zia del meridione che vi viene a trovare in autunno e, dal momento che è autunno, quel giorno diluvia. Il soprannome veggente bestemmiatore deriva da un’abilità sovrannaturale che lo rende uno stregone contemporaneo: quando vede un personaggio e gli scappa una bestemmia, volontaria o involontaria, vuol dire che quel personaggio è la prossima vittima del killer. Abbiamo testato la sua abilità con un film appena appena uscito, che non aveva mai visto nessuno. Il risultato? Su 10 personaggi c’ha azzeccato 9 volte, l’unico rimasto è il sopravvissuto.

Il ragazzo delle telenovele: ha passato tutti i pomeriggi post-scuola dell’elementari a casa della nonna, un’adorabile signora con un grande difetto, la passione per le telenovele. Questo povero ragazzo, ai tempi un bambino, le ha viste tutte, da quelle ambientate in Sudamerica alla fine dell’800 a quelle tedesche con i cognomi gutturali. Ma non è tutto perchè oltre ad averle viste, ha assorbito come una spugna i commenti ad alta voce della nonna sulle scene, convinta che potesse alterare il corso degli eventi: “Girati!” “Attenta, fa il doppio gioco!” “Stronzo maledetto!” sono solo tre di una lunga sequela di esclamazioni.
In vostra presenza, per non sembrare uno squilibrato, commenterà a voce bassa, gesticolando un po’ con le mani. In generale gli sentirete dire: “Daaai!” “Cazzo girati!” “Sì ma sta qua però…”

Il pauroso di I livello: la forma più lieve del pauroso. Discreto nel suo terrore, cerca di non far mai notare agli altri la sua paura. Ha uno spiccato senso del fiuto, sa riconoscere in tempo quando una scena degenera nel peggiore dei modi. La sua arma primaria è il cellulare, quando si verifica una scena troppo truculenta lo tira fuori e finge di leggere o scrivere un messaggio. Per non dare troppo nell’occhio alza la testa per pochi secondi, riabbassandola subito dopo.

Il pauroso di II livello: non sopporta i film horror, gli squartamenti e tutto il cucuzzaro sanguinolento di suoni e versi che c’è, ma è sempre presente per dimostrare agli amici di non aver paura. Rispetto al pauroso di I livello, la specie del II è più agitata e di conseguenza meno lucida nell’osservazione. Il suo limite principale è proprio la mancanza di osservazione delle scene, che non gli permette di cogliere in anticipo un possibile omicidio brutale. Si siede sempre vicino alla porta, una posizione tattica che gli permetterebbe di scappare in un’altra stanza. La sua arma primaria è il bagno. Se il pauroso di II livello si alza per andare in bagno lo fa per davvero, per questo motivo prima del film si beve litri e litri d’acqua. Arriva lo stimolo della pipì e il pauroso prontamente la trattiene finché non vede il minimo segnale della “malparata”. In quel momento lo vedrete alzarsi e annunciare senza la minima emozione: “Vado un attimo in bagno, ma non fermate eh!”. Purtroppo sbaglia drammaticamente i tempi almeno 3 volte su 5 e ritorna in sala nel momento in cui c’è una carotide recisa. A questo punto, sulla soglia della stanza, tira fuori il cellulare ed esclama “Oh il cellulare, mia madre!” e finge di rispondere. Qualcuno di voi, da autentico cane bastardo, gli farà squillare il cellulare 20 secondi dopo che finge di stare al telefono. Quella situazione crea la morte sociale.

Il pauroso di III livello: di base è un fondamentalista religioso o proviene da una famiglia di fondamentalisti religiosi. Il suo tempo libero lo spende in oratorio a giocare a ping pong con un bambino di 7 anni o a sedare le risse fra ragazzini nelle partitelle di calcio sull’erba sintetica. Il suo rapporto con la spiritualità è intenso, per questo motivo è facilmente suggestionabile. Alle medie gli avete sconvolto la crescita con le formule per invocare Satana:
Amico 1: “Oh un amico di un mio amico mi ha detto che un suo amico sa come invocare Satana. Devi recitare l’Ave Maria al contrario a mezzanotte con un bicchiere di carta al centro del tavolo.”
Amico 2: “Mah, io sapevo che per invocarlo e farti dire il futuro devi pettinarti tre volte e morsicare una mela rossa lucida, sempre a mezzanotte.”
Il pauroso: “Sìsì è tutto vero! Quella tipa l’ha fatto, le è apparso un puntino rosso sulla fronte ed è impazzita!” mentre diceva questa frase, puntava col dito la tranquilla compagna di classe, indiana (da qui che poi nascono i pregiudizi).
Non guarda film horror perché è proibito come la mela di Adamo, ma è talmente boccalone che voi, sempre da cani bastardi, sfruttate questa sua debolezza e lo invitate a vedere It, spacciandoglielo come il film di un ateo che ha una crisi e si converte. Scoperto il tranello, il pauroso di III grado si guarda tutto il film con gli occhi semi-sbarrati, in uno stato catatonico e col volto pallido. Farà gli incubi per tre settimane di fila e avrà paura di andare in bagno la notte, con la musichetta dell’omicidio che gli rimbomba nella mente.
I paurosi di III livello esistono anche nelle file degli atei, che vi ripetono terrorizzati: “Io sono un uomo di scienza, non esiste! Non esiste! Non esiste!”

Il pauroso di IV livello: “SONO QUIIIIIII QUIIIIIIIII QUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII APRIMI MAMMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAMAMMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!! AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!” è la reazione comprensibile di un bambino di 5 anni, ma è anche il vostro stato inconscio che non vi abbandonerà mai.
MAMMAAAAAAAAAAAAA!!!

 POSTFAZIONE DELL'ALTRO CHE TIENE LA BARACCA: non ho parole, ma lo devo dire. SoloFuckin'Cuore.