Qual
è la differenza fra un recensore semi-serio e un recensore di tamarrate come il
sottoscritto? Il recensore semi-serio sceglie sempre film complessi dai mille
significati, vi parla della bellezza intrinseca della fotografia, della bravura
dell’aiuto regista e di tante altre amenità. Il recensore di tamarrate fra
trama e tutto riempie mezza pagina scritta male, ma il suo cuore di semplice
spettatore gli permette di andare oltre.
Questo
verboso special è stato concepito con un mese di ricordi
d’infanzia-adolescenziali e assemblato come un mastodontico puzzle da 3000
pezzi, giorno per giorno. Purtroppo ho impiegato più tempo del previsto perché
non ho avuto l’occasione di scriverlo in una notte, col peso del kebab sullo stomaco
e il tasso alcolemico almeno due volte più alto del normale. Vi assicuro però
che si lascia leggere lo stesso, anche se è grosso come una porzione
“cuoredimamma”.
HO GUARDATO LA MIA FACCIA ALLO
SPECCHIO E HO ABORRITO: L’HORROR
“La
gente ci tiene tanto a sapere perché scrivo roba così truculenta. Mi piace dire
che è perché ho il cuore di un ragazzino. Lo tengo dentro un barattolo sulla
mia scrivania.” (Stephen King)
Terzo special, terza citazione.
Questa volta apro con Stephen King, il Re della letteratura horror odierna. Ma
cosa intendo per horror? L’horror per me è terrore, oscurità, claustrofobia. Ai
giorni nostri si esprime attraverso gli omicidi sempre più strani ed elaborati
di Saw, un primo film che si lascia
vedere a stento e una saga completamente inutile. La bambina emo di The Ring, il classico filmaccio
giapponese con queste bambine che fluttuano nell’aria con i capelli davanti.
Poi i fantasmi di Paranormal Activity,
figli zoppi e deformi delle presenze di Poltergeist.
Questo è l’horror di massa odierno. Possiamo definirlo come il 1985 alternativo
di Ritorno al futuro II: brutto,
osceno e rovina della civiltà fiorente delle decadi precedenti.
In principio, negli anni ’30-’40,
c’erano Frankenstein, Dracula e la
Mummia a terrorizzare gli adolescenti che saltavano i fossi
per la lunga. Questi personaggi hanno costruito le fondamenta del genere horror
che abbiamo amato, l’horror con le atmosfere claustrofobiche e quelle
musichette che ti facevano venire la pelle d’oca. Sono i padri di tutti quei
mostri, serial killer che negli anni ’70-’80 fiorivano come funghi nei boschi.
Certo, adesso li trovereste
ridicoli, fuori tempo massimo e inutili.
Ridereste di Frankestein e di
Dracula perché siete abituati ad arti che rimbalzano come palline da tennis,
intestini srotolati come pompe d’acqua nelle camionette dei pompieri, killer
mascherati che ammazzano Drew Barrymore, mentre i genitori vanno a chiedere
aiuto ai McKenzie (il tipico vicino di casa dei film horror, vicino per modo di
dire perché è sempre lontanissimo).
Però facevano paura ai tempi,
nonostante il bianco e nero che mascherava qualsiasi liquido di colore scuro.
Tanto sono rimasti nei sogni dei giovani che sono stati rifatti tantissime
volte nelle decadi successive, sfruttando le tecnologie più avanzate del
periodo. Poi negli anni ‘60 è cambiato tutto: arriva Alfred Hitchcock e tutta
quella meravigliosa pletora di registi italo-americani, citati da Tarantino nei
suoi films, e i nostri mostri diventano un po’ obsoleti.
Frankenstein continua a lavorare,
diventa un semi-dio con Frankenstein
Junior, però si ritira presto a vita privata e diventa il padre di Ottavio,
l’amico di Goku in Dragon Ball;
Dracula, nonostante l’oscuramento mediatico, continua a lavorare in molte
produzioni a basso costo negli anni ’70, fino a toccare il fondo nel 1985 con
il film Fracchia contro Dracula. Il
nostro nemico vampiro vivrà una seconda stagione aurea, come uno sportivo over
35, negli anni ’90 con Francis Ford Coppola per la versione seria e Mel Brooks
per la versione comica.
Questo è uno scenario troppo
desolante, mi sento male. Apro il librogame immaginario del cinema e lancio il
dado: “Se hai fatto 5 vai agli anni ‘80”.
5.
Siamo nella decade
dell’esagerazione, gli eighties. In questi anni qualsiasi film horror ha
automaticamente un sequel o più di uno e nascono in questo modo lunghe saghe
cinematografiche, destinate a durare per anni.
Immaginiamo lo sconforto di una
giovane adolescente che ascolta Cyndi Lauper e si ritrova a dover guardare il
trailer dell’ennesimo capitolo di Venerdì
13 o di Halloween o Nightmare, ma quella era la prassi,
dare un sequel a tutto quello che si muoveva nel mondo dell’orrore.
Queste saghe avevano un obiettivo
massonico ben preciso, quello di farti simpatizzare per l’antagonista, nella maggior
parte dei casi un serial killer schizzato con poteri sovrannaturali. Quindi
nella maggior parte dei casi in ogni film il protagonista era diverso e non ti
davano il tempo per affezionarti. L’unico personaggio fisso era il serial
killer, un patologo senza laurea, che ammazzava tutti senza nessun tipo di
sentimento.
Va detta una cosa, nessuno di noi
nella vita reale ha simpatia per un serial killer. Certo quante volte abbiamo
pensato “Mi dessero 5 giorni di galera vi
ammazzerei tutti”, ma tra il dire e il simpatizzare c’è di mezzo il mare o,
per non cadere nel luogo comune, “e il”
(Elio e le Storie Tese cit).
Eppure quando arrivi al quarto
capitolo di Nightmare ti gratti la
testa e inizi ad avere un po’ di confusione: “Eh tutti questi protagonisti che cambiano in continuazione, non si sa
che fine abbiano fatto, almeno Freddie è presente dal primo film e incomincia
pure a starmi simpatico.”
Questo di norma succede fra il
terzo e il quarto film. Per il quinto gli sceneggiatori hanno già finito le
idee da un pezzo, però sono dei volponi e iniziano a infarcire il copione di
momenti ironici e divertenti. Quando attuano questa mossa non ci puoi fare
niente caro neofita del cinema tamarro, te lo dico proprio col cuore, perché in
questo caso Eros ha già scoccato la freccia destinata a colpire te e il cattivo
che ti fa ridere.
Un esempio? La bambola assassina. Quel film di fine anni ’80 già al primo
episodio ti fa innamorare del dolcissimo Chucky, un bambolotto posseduto
dall’anima di un serial killer. La scena madre che fa scoccare la scintilla è
quella in cui si anima e insulta la moglie (più giovane visto che è un film dell’88)
del reverendo Camden di Settimo Cielo.
Guardatela e pensate: non è adorabile? Non avete già cominciato a simpatizzare
per lui? La vostra risposta affermativa vi conferma il vostro status di persona
normale, siete solamente caduti, come tutti, nel trappolone delle saghe.
EVIL DEAD (LA CASA) E SAM RAIMI
È un genio. Potrei concludere
questo paragrafo con una sola frase ma credo vogliate una spiegazione su uno
dei più grandi idioti, in senso positivo, che il mondo cinematografico ha
partorito negli ultimi 30 anni.
Lui si chiama Sam (sì, come il
personaggio di Sean Penn) Raimi. Lo ricorderete per la trilogia di Spiderman,
che l’ha rilanciato nella prima decade del nuovo millennio, ma in passato
quest’uomo ha creato Evil Dead, un
titolo un perché.
Evil Dead (La Casa in italiano)
è una trilogia horror o quasi fatta nell’arco di 11 anni, dal primo episodio
del 1981 al terzo del 1992.
In questo lasso di tempo molte saghe sarebbero già
arrivate a fare 4, 5 film (solo Venerdì
13, da quando ha esordito nel 1980, ne sfornava uno all’anno), ma lui no,
era estraneo ai ritmi dell’industria cinematografica.
La prima particolarità di Evil Dead è che è una saga che non ha
debolezze strutturali, ma si fortifica sempre di più in ogni episodio. Il primo
episodio esce nel 1981, un periodo in cui le saghe horror sono ancora in stato
embrionale e solo alcuni film come Venerdì
13 e Halloween hanno già un
sequel. Fatto con mezzi di fortuna, questo primo capolavoro passa leggermente
in sordina e diventa nel giro di pochi anni un cult movie a basso costo. La
trama è semplicissima: un gruppo di cinque amici fa un weekend in uno chalet di
montagna, ma risvegliano attraverso il Necronomicon, il libro dei morti, un
demone maligno e da lì è un’escalation di violenza e sangue. In questo primo capitolo
si delinea il protagonista della saga, divenuto poi un simbolo del cinema
horror, Ash.
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Icona. |
Quando viene annunciato un
secondo capitolo si crea molta attesa. A Sam viene dato un budget molto più
consistente, circa 3,5 milioni di dollari, ma c’è un problema non da poco: la
trama, l’ambientazione, tutto. I sequel non riescono mai ad eguagliare il primo
capitolo di una saga, finiscono sempre per autocelebrare il personaggio
protagonista e a ripetere le stesse basi della trama per non creare dei flop
inattesi e poterci tirare su quanti più soldi possibili. Questo vale
soprattutto con le saghe horror, che si avvalgono della presenza fissa
dell’antagonista per sopravvivere e su quello gli costruiscono una trama
basilare per giustificare il canonico massacro.
Evil Dead 2 esce nel 1987 ed è la nascita di una leggenda. Questo
sequel nei primi 10-15 minuti è un remake del primo film, con la differenza che
ad andare nello chalet sono solo Ash e la fidanzata Linda. Il resto della trama
non è tanto differente, ma è in questo film che nasce ufficialmente il
personaggio di Ash, l’uomo con la motosega al posto della mano destra e il
fucile a canne mozze nella sinistra.
L’elemento principale del film è
il tocco di commedia grottesca ed esagerata tenuta splendidamente dall’immortale
Bruce Campbell, vero talento nell’uso dello slapstick, la comicità espressa con
il linguaggio del corpo. Si delinea con questo secondo capitolo un’altra grande
differenza di “Evil Dead” dalle altre saghe: la mancanza di un antagonista
preciso e presente in tutti i film, con la sua triste storia.
Sembrava un’impresa impossibile
superare il primo film ma Evil Dead 2
riesce nell’intento. Non siamo più nelle atmosfere drammatiche e orrorifiche
del primo film, ma in una commedia nera e parodistica di tutti gli horror del
periodo, come se Raimi avesse speso 6 anni della sua vita a guardare e
riguardare tutti gli horror e ne avesse amplificato le esagerazioni: donne
demone che sembrano parodie sgangherate de L’esorcista,
oggetti che ridono, sangue rosso, nero e verde, Ash stesso che si fabbrica il
supporto per la motosega nel capanno del vecchio zio Tom del Kentucky etc.
Ma è il personaggio di Ash a dare
un valore immenso a questa seconda opera d’arte, differenziandola dalle altre
saghe per la presenza di un protagonista maschile. Negli horror siamo sempre
stati abituati a vedere una donna come ultima sopravvissuta (da qui il termine
final girl), disarmata e spaventata a morte dal suo aggressore. La costante di
questi film è che la donna riesce sempre a scappare dal massacro o riesce a
mettere fuorigioco l’antagonista, spesso senza ucciderlo del tutto (andate voi
a spiegare ai bambini perché Jason Voorhess batte Cristo nel numero di
resurrezioni). Raimi invece toglie la final girl fuggiasca e mette in campo
Ash, un giovane commesso dei magazzini S-Mart, reparto ferramenta. Ash è
l’anti-eroe per eccellenza perché è goffo, perché è un’idiota che le prende da
tutti, però si rialza e ce la fa sempre e noi con questo ci andiamo a nozze.
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Le piglio da tutti ma poi li disfo a schiaffi |
Nel momento in cui subentra Ash,
subentra la quarta differenza fondamentale: questa è tutta una grande
messinscena, una commedia che si prende gioco dell’horror. Entra come aria
fresca nella vostra cameretta puzzolente di stantio per tutti quei sequel pieni
di morti squartati in 1000 modi diversi, ma senza soluzioni di trama
differenti.
Mentre stai leggendo i miei
deliri, hai sentito dei rumori e dei lamenti. Mostri dai versi strani, definiti
subito inguardabili (“Perché la voce è lo
specchio dell’anima” cit di Jim Morrison, citato da Gandhi, entrambi citati
da Fabio Volo), grattano la porta della tua mansarda, assetati del tuo sangue.
Ti stai chiedendo perché si siano risvegliati a casa tua, perché sia successo a
te, poi guardi il dizionario di latino-italiano che hai sul tavolo e ti ricordi
tutto. Questa mattina hai fatto una versione pessima, di quelle da scommessa “10 euro sull’unghia che ho preso 4” e hai sbagliato a tradurre un dialogo di Catilina,
ma non è quello il problema…la frase sbagliata che hai ripetuto ad alta voce con
l’imprecazione è una formula magica del Necronomicon e adesso hai risvegliato
la furia dei demoni. Alzati, è tempo di impugnare la motosega, caricare il
fucile a canne mozze e di scendere a eliminarli. Stai tranquillo, nella
peggiore delle ipotesi finirai indietro nel 1300 con l’auto di tuo padre. Bene,
è successo. Sei finito in una delle più grandi avventure degli anni ’90: L’Armata delle Tenebre.
CRONACHE DI HALLOWEEN CASALINGO
- L’ARMATA DELLE TENEBRE (1992)
Ogni
festività religiosa ha i suoi film in prima visione tv: la vigilia di Natale ha
l’immancabile Una poltrona per due;
Natale stesso ha il suo ciclo di film fra Il
Grinch e Mamma ho perso l’aereo;
da Santo Stefano fino all’epifania tutta una serie di film collegati alle feste
natalizie, anche uno pessimo di Schwarzenegger dal titolo Una promessa è una promessa. Pasqua ha ovviamente un film sugli
ultimi giorni di vita di Gesù, mentre halloween mette in crisi tutti. La
tradizione vorrebbe che ad halloween si guardi il film Halloween, ma sa troppo di “Bonsci
bonsci bon bon bon pappappara”. Attenzione però, la sera di halloween si
verificano tre condizioni:
1) Esci da solo e vai a una di quelle feste assurde nei
locali, spendi eccessivamente e poi torni a casa ancora più triste perché non
hai concluso niente e ti senti anche un po’ sfigato.
2) Esci con i soliti quattro stronzi, con la differenza
che a questo giro avete tutti quanti il make up. Andate sempre a una festa o ve
la organizzate a casa con un film annesso (in questo caso rimando al paragrafo
successivo), però non riesci a stringere amicizia con gli amici degli amici
perché diffidi dei loro costumi (oh mal che vada li adderò su fb).
3) Rimani a casa perché sei un po’ cinico, non ti
interessano queste cose, né ti interessa il divertimento fashion dei tuoi
coetanei. Per questo motivo esci solo con quei quattro stronzi che hanno ancora
la pazienza di ascoltarti. Però succede che rimani a casa la sera perché i tuoi
amici quella sera stessa non ci sono. La soluzione? Un film. Ok, questo sono io
nella mia quotidianità.
Inizio
a rovistare fra i dvd: “Questo no, Die Hard no. Stallone no, domani c’è Lo Specialista. L’Armata delle Tenebre! Quanto tempo!”
Va
bene, torno un attimino serio. Il film che mi appresto a recensire ha pochissimo
del genere horror e molto del genere comico/fantasy. Subito è scattata la
domanda legittima: dopo che vi ho fatto il pippone evitabilissimo sull’horror,
perché lo sto recensendo?
Perché
L’Armata delle Tenebre è uno di quei
film che non invecchieranno mai, che non hanno bisogno di un remake discutibile
per ottenere una linfa vitale ormai persa. Vi emoziona come la prima volta,
risveglia in voi citazioni assopite e momentaneamente messe da parte e, cosa
più importante, vi carica come una molla.
La prima volta che l’ho visto
avevo 14 anni e mi sono venute le convulsioni per 45 minuti. Il giorno dopo
l’ho rivisto e ho immagazzinato le citazioni che sono ancora ben nitide nella
mia mente. Oggi è uno di quei film che rivedo sempre volentieri, con gli occhi
dell’amore.
Partiamo per gradi. L’Armata delle Tenebre è il terzo ed
ultimo capitolo della saga Evil Dead.
Dopo il successo di Evil Dead 2,
volutamente lasciato con il finale aperto in cui Ash viene risucchiato dal
vortice e mandato indietro nel tempo, si crearono tutta una serie di sequel
apocrifi, non originali, per “battere il ferro finchè caldo”. Nell’ordine
nacquero tre nuovi e squallidi capitoli “La Casa 3, 4, 5” , fatti in tre anni, che non avevano niente a che
vedere con l’originale.
Possiamo immaginare diverse
reazioni di Sam Raimi di fronte a questa spazzatura:
1) Irritazione: “Vabbè passi per il 3, il 4, ma il 5 diretto
da Claudio Fragasso…ma che c’ho scritto giocondo in fronte?”
2) Incazzatura alla Mickey:
quella nella scena di Rocky II in
cui guarda l’intervista di Apollo Creed, sobbalza con la tazzona di latte e
urla “Disgraziato!”. Poi va a suonare
alla porta di Bruce Campbell e gli dice “Gli
dobbiamo spaccare il muso a quelli!”
Qualunque sia stata la reazione,
Sam decise di riprendere in mano la storia di “Evil Dead” e di sviluppare il terzo capitolo dal finale aperto del
secondo film. Questa volta gli danno in mano 11 milioni di dollari come budget
e, forte di nuove e roboanti aspettative, si diverte a creare ambientazioni,
scene e situazioni che solo 5 anni prima sembravano inimmaginabili.
Nel 1992 esce L’Armata delle Tenebre ed è uno shock
totale, perché Sam Raimi ha realizzato di nuovo il colpaccio e surclassato l’impresa
impossibile: superare Evil Dead 2 e
superarlo proprio dalle esagerazioni presenti in quel film.

La trama è ridotta all’osso per
la predisposizione di Raimi a concentrarsi sulle singole scene, per cui avrete
la sensazione di divertirvi come a uno spettacolo di Benny Hill o a qualche
cartone, però con un filo logico e con le parolacce che il vostro fratellino di
5 anni sta già ripetendo.
Tutto riprende da dove era finito
il secondo capitolo: Ash torna indietro nel tempo, nel 1300, e viene catturato
dai cavalieri di Lord Arthur, accusato di essere una spia di Enrico il Rosso.
Riesce a liberarsi in maniera rocambolesca anche grazie all’aiuto del Mago, al
servizio di Lord Arthur, e viene visto come colui che salverà la popolazione
dalle forze del male. Per ritornare al suo tempo Ash dovrà recuperare il
Necronomicon, ma non tutto va come dovrebbe effettivamente andare…
Come detto, la trama è molto
semplice e funzionale ma sono i dettagli a fare la differenza in questo film,
ad elevarlo allo status di leggenda degli anni ’90.
Innanzitutto c’è il nostro Ash,
diverso da come lo ricordavamo. La trasformazione del film da commedia
nera/horror a commedia fantasy ha trasformato anche la personalità del nostro
anti-eroe, non più troppo spaventato e tremante. Ash diventa un John McClane
dei magazzini S-Mart, “I migliori
d’America!”: stessa arroganza, predisposizione a prendersi legnate ovunque,
da chiunque e in qualunque modo e poi vincere contro mezzo mondo; stessi
vestiti che cambiano colore non per effetto del candeggio sbagliato in
lavatrice, ma per il sudiciume che immagazzinano. Ma soprattutto stesso livello
di battute cult che recitiamo a memoria e con la voce ferma, come Samuel
Jackson recita Ezechiele 25, 17 prima di sparare.
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Presobenissimomaveramentetroppo |
Il secondo dettaglio e punto
forte è l’ambientazione in cui si svolgono gli eventi del film. Siamo nell’anno
domini 1300, a
quei tempi un’arma da fuoco come il remington di Ash e la più moderna motosega
non erano pronosticabili neppure da Tiresia e neanche fabbricabili con la
miglior creatività di McGyver. E quindi? Niente proiettili e niente benzina per
alimentare la motosega. Eppure Ash non ne ha bisogno, perché il suo fucile
spara a ripetizione (lo ricaricherà solamente in una scena) e la sua motosega
si accende senza scaricarsi mai. Sembra un codice di GTA, di quelli che devi
scrivere ARMYOFDARKNESS, ma non lo è.
Passi per le armi, ma anche i
presunti elementi di normalità di un periodo come quello medievale brillano
sotto la stella dell’esagerazione. Il castello di Lord Arthur, ad esempio,
sbuca fuori dal nulla, costruito su un’immensa zona desertificata e senza una
città intorno. Questo vi farà pensare che Budd di Kill Bill Vol. 2 con la sua roulotte in mezzo al deserto sia un
dilettante.
In questo calderone aggiungete i
classici mostri grotteschi e donne possedute, la mano meccanica che Ash si
costruisce con l’aiuto del fabbro e l’invenzione della “Tritaossa”, ovvero come
ti rimetto apposto un’automobile e la modifico meglio dei tipi di Pimp my ride in soli 2 giorni e con i
rudimenti di meccanica.
Sembra quasi tutto pronto, ma non
poteva mancare il Necronomicon. Il libro-motore di tutti gli eventi della
trilogia, coperto in pelle umana e scritto con il sangue, è ancora una volta la
causa di tutte le disgrazie di Ash, ma non è più il fosco presagio di morte dei
primi due capitoli, assume anch’esso una connotazione comica, fondamentale per
la riuscita del film.
L’unico punto debole, anzi meglio chiamarlo semi-debole, è la mancanza di personaggi secondari concreti; esistono ma non sono di rilievo. Questa mancanza avvantaggia Ash, che diventa il protagonista assoluto di quasi tutte le scene e a sua volta addirittura il personaggio secondario, però ne possiamo identificare alcuni: il Mago, un piccolo uomo sempre serio con la barba degli ZZ Top; Sheila, l’anonima fiamma medievale di Ash e lo stesso Lord Arthur, che acquisisce peso verso l’ultima parte del film. Nonostante questi personaggi siano un mero contorno in tutto il film, hanno la tipica abilità dei caratteristi dei film trash/action, ovvero quella di farsi ricordare per un solo gesto compiuto o per una sola battuta detta. Ad esempio Enrico il Rosso è un personaggio che comparirà in pochissime scene e dirà pochissime battute, ma una di queste sarà necessaria per una scena leggendaria.
L’unico punto debole, anzi meglio chiamarlo semi-debole, è la mancanza di personaggi secondari concreti; esistono ma non sono di rilievo. Questa mancanza avvantaggia Ash, che diventa il protagonista assoluto di quasi tutte le scene e a sua volta addirittura il personaggio secondario, però ne possiamo identificare alcuni: il Mago, un piccolo uomo sempre serio con la barba degli ZZ Top; Sheila, l’anonima fiamma medievale di Ash e lo stesso Lord Arthur, che acquisisce peso verso l’ultima parte del film. Nonostante questi personaggi siano un mero contorno in tutto il film, hanno la tipica abilità dei caratteristi dei film trash/action, ovvero quella di farsi ricordare per un solo gesto compiuto o per una sola battuta detta. Ad esempio Enrico il Rosso è un personaggio che comparirà in pochissime scene e dirà pochissime battute, ma una di queste sarà necessaria per una scena leggendaria.
Il cattivo di turno è l’armata
delle tenebre, l’esercito di grotteschi e divertenti scheletri redivivi che
affronterà Ash e i cavalieri di Lord Arthur. Uno scontro talmente epico che
posso scriverci 5 pagine, ma l’unica cosa che posso scrivere è che va vissuto.
Mi fermo qui perché non sono
riuscito nemmeno a rendere il 5% della maestosità di questo capolavoro, per me
ai tempi fu un colpo di fulmine.
Perché è proprio così, con quel
film non può non essere un colpo di fulmine, non può lasciarvi indifferenti.
Sì, ha una trama ridotta all’osso e con questo? C’è poco sangue e poco horror e
allora? Ve l’ho detto, è una grande messinscena. Se passerete oltre a questi
pensieri, troverete una nuova ragione per rialzarvi dai momenti di sconforto.
“Ti succhierò l’anima!” “Vieni a prenderla.”
Cose non dette
che vi devono convincere: Motivo per esaltarsi Part I
Il
sipario si apre su Ash, una rappresentazione sguaiata di Cristo che porta la
croce, picchiato e frustato dai cavalieri di Lord Arthur e con le braccia
bloccate in quei lunghi tavoloni di legno, tipici del medioevo. La sua voce
fuoricampo (la sua voce vi ricorda qualcosa? Indiana Jones e l’ultima crociata) riassume in 2-3 minuti le
vicende di “Evil Dead 2” , l’arrivo nello chalet, il risveglio delle
presenze, la mano demoniaca etc. Tutto questo con le scene addirittura
reinterpretate (una cosa tanto trash quanto onlyfuckin’heart!). Una
progressione continua fino ai titoli di testa più belli della storia, da
ululato di esaltazione cubica: BRUCE CAMPBELL VS ARMY OF DARKNESS
Motivo per esaltarsi Part II
Questo
film merita di essere guardato almeno per i primi piani di Bruce Campbell, uno
degli attori più espressivi degli ultimi 30 anni. Le inquadrature di Raimi sono
bellissime, mette in risalto ogni dettaglio, ma le facce di Bruce…non si
possono spiegare. Ogni volta che le vedo mi piego in due dal ridere ed è
impossibile non farlo.
(Motivo per esaltarsi Part III) L’Armata
delle Tenebre
Ancora
che sto a scrivere…guardalo!
LA
FENOMENOLOGIA DELLO SPETTATORE HORROR
Avvertenza:
questo paragrafo è frutto dell’esperienza del recensore. Quanto scrive potrebbe
essere vero o potrebbe essere falso. L’unica certezza è che l’ha vissuto.
Esiste una sola regola
fondamentale quando vedete un film con i vostri amici, che siate a casa o che
siate al cinema. Se non c’è un’esplosione o una fontanella di sangue, allora
non è un film. Perché? Perché guardare un film tamarro è l’equivalente di
andare a un concerto, ci devi andare con qualcuno per condividere la gioia
delle canzoni e il dolore che provi mentre ti schiacciano sulle transenne.
Questa legge di vita quotidiana si applica anche per i film, perché hai bisogno
di qualcuno che butti via il tuo stesso tempo se il film è più brutto di
“Ruslan” di Steven Seagal.
E allora cosa si fa? Si
organizzano le visioni collettive. Vi sarà capitato almeno una volta nella vita
di guardare un film horror con un gruppo di vostri amici e avrete notato che
non tutti hanno la stessa reazione di fronte al terrore. Uno ride, l’altro ha i
tic nervosi, un altro ancora ha lo sguardo assente etc.
Questo inutile quarto paragrafo
vi metterà a disposizione una parte della mia esperienza in fatto di visioni
collettive. Guardate i film, ma ogni tanto osservate chi avete di fianco e i
suoi comportamenti e quando lo farete, ricordatevi che quanto scritto non è
universale (o forse sì?)
Il primo a morire/l’ometto di casa: è l’amico che ha la casa grande
e soprattutto il divanone. Non organizza mai un cineforum casalingo, quindi si
limita a subire l’iniziativa dei suoi amici e ad aprire un tavolo di trattativa
con i genitori, una settimana prima dell’evento. Una volta che sua madre ha
accettato (il padre dirà, leggendo il giornale “Ma sì sono ragazzi”), inizia a subire per due giorni un’intensa
fase di terrorismo psicologico sui comportamenti che i suoi amici devono
tenere. Inutile dire che svilupperà tutta una serie di tic nervosi. Durante il
film il suo unico terrore è che voi possiate spostare o rompere
inavvertitamente qualcosa, quindi avrà sempre una mano sulla sedia per scattare
e bloccarvi per tempo. Nel peggiore dei casi voi ne uscirete incolumi, mentre
la madre, al ritorno, si trasformerà in una mantide religiosa e gli staccherà
la testa nel dopocena. Questo è il destino del primo a morire.
L’ometto di casa è ancora peggio,
perché è l’amico che non è riuscito a sfrattare sua madre per il
pomeriggio/sera e se la ritrova in giro per tutta la casa. La madre, messa
subito in guardia, sfodera sempre la promessa da marinaio, tipica dei medici
quanto ti dicono che non farà male: “Non
ti preoccupare, non mi vedrete e non mi sentirete.” L’illusione cadrà
rapidamente, sua madre farà capolino cinque volte in 25-30 minuti: la prima per
salutarvi tutti, la seconda per chiedere al figlio dov’è la sua biancheria, la
terza per portare il ciambellone calorico, la quarta per portarvi da bere e la
quinta per chiedervi se volete altro. A questo punto è tutto irrimediabilmente
compromesso per l’ometto di casa, che non uscirà più per almeno una settimana.
Il cultore dalla flessibilità: è per sua natura flessibile, riesce
sempre a trovare momenti di ilarità anche nelle scene di puro terrore. Una
camminatura goffa, uno sguardo terrorizzato, i versi assurdi del mostro o una
scena di morte paradossale lo faranno ridere. Non è una persona chiusa e
schematica, non concepisce i film horror come film di puro terrore e niente
più. Tutto è possibile per lui, anche ricavare qualche momento divertente
nell’atto stesso dell’omicidio.
Il cinico, detto Decano della cattiveria: è sempre presente in una
compagnia. Se non riesci a trovarlo vuol dire che sei tu il cinico e questo ti
causa uno sdoppiamento della personalità.
Ride sempre nelle scene tragiche e la sua risata è sincera, proprio di
cuore. È una fucina di battute cattivissime, le spara a un intervallo di tempo
equivalente ai 100 metri
di Usain Bolt, e non guarda in faccia nessuno, nemmeno i parenti. Per capirci,
il cinico è in grado di prendere in braccio il nonno sulla sedia a rotelle e di
dirgli: “Aha! Spassose queste gambe a
spaghetto!”
Nelle proiezioni tende a
sistemarsi su una sedia a distanza sufficiente da tutti per schivare l’allungo
dal divano. Dopo sei mesi che lo frequentate, inizierete a chiedervi se il
cinico sia una persona realmente esistente o se sia il frutto della vostra
immaginazione. Beh, per una volta la verità sta nel mezzo, il cinico esiste, ma
è anche una proiezione della vostra mente e vi appare quando vi sentite
mediocri e, nella vostra mediocrità, in grado di sopportare la sua cattiveria.
L’insoddisfatto: la differenza fra lui e i vecchi che guardano i
cantieri è solo anagrafica. Entrambi si lamentano sempre. L’insoddisfatto
guarda quasi esclusivamente film action e parte sempre prevenuto nei confronti
di un film che non ha il suo attore preferito. Lo riconoscete dall’espressione
annoiata, dallo sbuffo sistematico ogni 10 minuti, ma soprattutto da queste due
frasi, ripetute almeno 5-10 volte: “Cazzo
però potevano dare una parte a X!” “Pensa
se in questa scena arrivasse X!”
Il pisellone romantico: è il più tenero e quindi fa sempre una
grande tenerezza. Il pisellone è l’amico che si innamora perdutamente della
final girl del film, non perde l’occasione di poterla squadrare da capo a piedi
e soffre quando lei si innamora di un altro. Quando torna a casa si mette
subito alla ricerca del nome dell’attrice, le immagini su google, i video
tributo su youtube. Nella prima fase si mette anche a guardare le telenovele dove
recita la sua bella, sottotitolate in qualsiasi lingua. L’apice arriva nel
momento in cui scova il contatto mail e si mette in testa di dichiararle il suo
amore, ma la sua scarsissima conoscenza dell’inglese (è in grado di cantare e
di capire solamente “Hello, Goodbye”
dei Beatles) annienta ogni sua possibilità di conquistarla. A questo punto
passa a una fase depressiva di 2-3 giorni in cui si chiederà perché è nato in
Italia e perché non ha fatto il Pet a scuola. Una fase che dura proprio 2
giorni, proprio il tempo di scovare un’altra attrice sconosciuta e di
ricominciare tutta la solfa.
L’impressionabile: è al suo primo film horror, non sa cosa sia e la
cosa peggiore è che non sa che nei film horror muoiono anche i buoni.
Soprattutto i buoni. La sua infanzia è stata segnata dal mito dei supereroi,
eterni vincitori sul male supremo. La madre, figura severa e dispotica, ha
selezionato i programmi e i cartoni che poteva vedere il pomeriggio, a suo dire
adatti per il figlio. La sua merenda quotidiana consisteva in una mela e da un
frullato di carote “che tanto bene fanno
agli occhi ammamma”; niente dolci perché causano le carie, niente succhi
perché hanno i conservanti. Questa massiccia assunzione di carote non gli hanno
impedito di portare gli occhiali con le lenti rotonde.
Il suo impatto con i film horror
è devastante, perché l’impressionabile pensa che la morte sia esclusiva delle
persone malvagie, senza cuore. La sua espressione è un misto fra uno che c’ha
lo squarraus e si trova davanti a un cesso a pavimento e il disprezzo per tutte
quelle volte che la madre gli ha fatto mangiare i cavolfiori.
Il monoespressivo/il finto impavido: due veri presenzialisti delle
visioni collettive.
Il monoespressivo ha già visto il
film proposto, ma non lo dice per non creare un’altra disputa per un nuovo
film. La sua espressione è impassibile, talvolta assente, per tutta la durata
del film, non riuscirete a capire se lo sta realmente guardando o se si sta
chiedendo con quale organo respiri. Il suo unico punto di riconoscimento è il
mezzo sorrisino, accompagnato da uno sbuffo delle narici, che gli scappa quando
riconosce una scena paurosa.
Il finto impavido è il secondo
amico che ha visto il film. Al contrario del monoespressivo lui ve lo dice nel
momento stesso che inserite il dvd, provocandovi già un odio del 25%. Come se
non bastasse, ha la fastidiosa abitudine di anticiparvi le scene paurose con
una grande spocchia, per poi sobbalzare e urlare dalla sedia per la paura
quando arriva la scena stessa.
L’innamorato scazzato: è innamorato dell’amica ed è presente alle
visioni solo se c’è la sua bella. Prima di venire ha contattato l’ometto di
casa e gli ha pregato di predisporre i posti prima dell’arrivo di tutti. In
questo caso, se il televisore dell’ometto di casa è spostato a sinistra, lui si
siederà sull’angolo destro del divano con la ragazza al centro. Non ha
particolare interesse del film (per questo motivo sceglie l’angolo con meno
visibilità), vorrebbe soltanto che la ragazza rifugiasse gli occhi nella sua
spalla sinistra, quando il killer colpisce. La sua tattica è apparentemente
perfetta, ma trascura una legge fondamentale delle visioni collettive horror in
caso di presenze femminili terrorizzate: se il televisore è spostato verso
sinistra e la ragazza è seduta in mezzo, per guardare il film si sposterà più a
sinistra e le verrà naturale coprirsi gli occhi sulla spalla del ragazzo alla
sua sinistra, invece che con l’innamorato alla sua destra (fate finta d’aver
capito). Infatti succede questo, che la ragazza si copre sulla spalla
dell’altro ragazzo alla sua sinistra, e l’innamorato ci rimane malissimo e
cambia l’espressione, da allegro a scazzato.
Il veggente bestemmiatore: questo personaggio è rarissimo,
corrisponde all’ultima figurina che non avete mai trovato per completare
l’album. Lo incontrerete una volta nella vita, se sarete fortunati, due al
massimo se siete i prescelti. Non lo avete mai visto prima perché puntualmente
è un amico di 50° (amico di un amico di un amico etc). Il suo vero nome non si
sa, vive in un paesino sperduto, privo di tecnologia. E’ una presenza
sfuggevole, si manifesta ai suoi amici due volte l’anno, come la vecchia zia
del meridione che vi viene a trovare in autunno e, dal momento che è autunno,
quel giorno diluvia. Il soprannome veggente bestemmiatore deriva da un’abilità
sovrannaturale che lo rende uno stregone contemporaneo: quando vede un
personaggio e gli scappa una bestemmia, volontaria o involontaria, vuol dire
che quel personaggio è la prossima vittima del killer. Abbiamo testato la sua
abilità con un film appena appena uscito, che non aveva mai visto nessuno. Il
risultato? Su 10 personaggi c’ha azzeccato 9 volte, l’unico rimasto è il
sopravvissuto.
Il ragazzo delle telenovele: ha passato tutti i pomeriggi
post-scuola dell’elementari a casa della nonna, un’adorabile signora con un
grande difetto, la passione per le telenovele. Questo povero ragazzo, ai tempi
un bambino, le ha viste tutte, da quelle ambientate in Sudamerica alla fine
dell’800 a quelle tedesche con i cognomi gutturali. Ma non è tutto perchè oltre
ad averle viste, ha assorbito come una spugna i commenti ad alta voce della
nonna sulle scene, convinta che potesse alterare il corso degli eventi: “Girati!” “Attenta, fa il doppio gioco!”
“Stronzo maledetto!” sono solo tre di una lunga sequela di esclamazioni.
In vostra presenza, per non
sembrare uno squilibrato, commenterà a voce bassa, gesticolando un po’ con le
mani. In generale gli sentirete dire: “Daaai!”
“Cazzo girati!” “Sì ma sta qua però…”
Il pauroso di I livello: la forma più lieve del pauroso. Discreto
nel suo terrore, cerca di non far mai notare agli altri la sua paura. Ha uno
spiccato senso del fiuto, sa riconoscere in tempo quando una scena degenera nel
peggiore dei modi. La sua arma primaria è il cellulare, quando si verifica una
scena troppo truculenta lo tira fuori e finge di leggere o scrivere un
messaggio. Per non dare troppo nell’occhio alza la testa per pochi secondi,
riabbassandola subito dopo.
Il pauroso di II livello: non sopporta i film horror, gli squartamenti
e tutto il cucuzzaro sanguinolento di suoni e versi che c’è, ma è sempre
presente per dimostrare agli amici di non aver paura. Rispetto al pauroso di I
livello, la specie del II è più agitata e di conseguenza meno lucida
nell’osservazione. Il suo limite principale è proprio la mancanza di
osservazione delle scene, che non gli permette di cogliere in anticipo un
possibile omicidio brutale. Si siede sempre vicino alla porta, una posizione
tattica che gli permetterebbe di scappare in un’altra stanza. La sua arma
primaria è il bagno. Se il pauroso di II livello si alza per andare in bagno lo
fa per davvero, per questo motivo prima del film si beve litri e litri d’acqua.
Arriva lo stimolo della pipì e il pauroso prontamente la trattiene finché non
vede il minimo segnale della “malparata”. In quel momento lo vedrete alzarsi e
annunciare senza la minima emozione: “Vado
un attimo in bagno, ma non fermate eh!”. Purtroppo sbaglia drammaticamente
i tempi almeno 3 volte su 5 e ritorna in sala nel momento in cui c’è una
carotide recisa. A questo punto, sulla soglia della stanza, tira fuori il
cellulare ed esclama “Oh il cellulare,
mia madre!” e finge di rispondere. Qualcuno di voi, da autentico cane
bastardo, gli farà squillare il cellulare 20 secondi dopo che finge di stare al
telefono. Quella situazione crea la morte sociale.
Il pauroso di III livello: di base è un fondamentalista religioso o
proviene da una famiglia di fondamentalisti religiosi. Il suo tempo libero lo
spende in oratorio a giocare a ping pong con un bambino di 7 anni o a sedare le
risse fra ragazzini nelle partitelle di calcio sull’erba sintetica. Il suo
rapporto con la spiritualità è intenso, per questo motivo è facilmente
suggestionabile. Alle medie gli avete sconvolto la crescita con le formule per
invocare Satana:
Amico 1: “Oh un amico di un mio amico mi ha detto che un suo amico sa come
invocare Satana. Devi recitare l’Ave Maria al contrario a mezzanotte con un
bicchiere di carta al centro del tavolo.”
Amico 2: “Mah, io sapevo che per invocarlo e farti dire il futuro devi
pettinarti tre volte e morsicare una mela rossa lucida, sempre a mezzanotte.”
Il pauroso: “Sìsì è tutto vero! Quella tipa l’ha fatto, le è apparso un puntino
rosso sulla fronte ed è impazzita!” mentre diceva questa frase, puntava col
dito la tranquilla compagna di classe, indiana (da qui che poi nascono i
pregiudizi).
Non guarda film horror perché è
proibito come la mela di Adamo, ma è talmente boccalone che voi, sempre da cani
bastardi, sfruttate questa sua debolezza e lo invitate a vedere It, spacciandoglielo come il film di un
ateo che ha una crisi e si converte. Scoperto il tranello, il pauroso di III
grado si guarda tutto il film con gli occhi semi-sbarrati, in uno stato
catatonico e col volto pallido. Farà gli incubi per tre settimane di fila e
avrà paura di andare in bagno la notte, con la musichetta dell’omicidio che gli
rimbomba nella mente.
I paurosi di III livello esistono
anche nelle file degli atei, che vi ripetono terrorizzati: “Io sono un uomo di scienza, non esiste! Non esiste! Non esiste!”
Il pauroso di IV livello: “SONO
QUIIIIIII QUIIIIIIIII QUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII APRIMI
MAMMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAMAMMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!” è la reazione
comprensibile di un bambino di 5 anni, ma è anche il vostro stato inconscio che
non vi abbandonerà mai.
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MAMMAAAAAAAAAAAAA!!! |