Jason Statham è un idolo. E basta. Fa spesso film uguali, ma
è un idolo.
Per poche cose riesco ad apprezzare i canali Mediaset. Ma
di una cosa gli sono grato: con l’aiuto del destino, mi hanno fatto brillare il
friccico ner core.
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Vorrei che fossi un pirata in The Expendables |
È capitato che una sera, nonostante avessi già il computer e
quindi tra hard disk e internet un bel po’ di film da vedere, fossi alla
televisione. Tralasciando l’autoerotismo olimpico, un revival della primissima
adolescenza. Allora, quando finivi di mangiare, c’erano nell’ordine: su Rete 4
Walker Texas Ranger che vabbè, su Canale 5 la Canalis o chi-per-ella che ogni
quarto d’ora la strusciava in faccia ad Ezio Greggio fomentando il training in
vista di Sydney 2000, e su Italia 1 Sarabanda. Chiudevi gli occhi sofferente e
sognavi che ad Enrico Papi fosse successo qualcosa di imbarazzante e speriamo
anche brutto in diretta mondiale, o che Ezio Greggio facesse il pagliaccio solo
perché poggiato con le sue ignobili terga su un cono del traffico (i miti irrealizzabili
di pischelli romantici e puerilmente illusi), o più semplicemente sognavi che
almeno per quella sera tutto fosse concluso. Una volta constatato che il
bestiario di casi umani necessario per l’allevamento della Berlusc Jugend fosse
finalmente finito, aspettavi. Passato il canonico intervallo pubblicitario,
quei bei venti minuti durante i quali riuscivi a leggere un intero Topolino al
gabinetto (pausa cacca), capitavano delle cose meravigliose: poteva succedere
che ti rivedevi per la quarta volta consecutiva
Trappola di cristallo,
Duri
a morire, un
Rambo che non fosse
il primo, magari ti beccavi il filmone tipo
Casinò su Rete4, se ti andava di culo ma di culo proprio sulla Rai
c’era Jackie Chan, e, se proprio non c’era un cazzo, almeno il mercoledì (o il
giovedì?) il buon Bud prendeva a pugni in testa tutti quanti. Bud è come il
pane. E basta.
Dicevo, prima di perdermi nei meandri della memoria: un paio
di anni fa, forse più, ero lì che (“essere lì che” è un altro phrasal verb di
chi tradisce radici meneghine) facevo il revival dell’adolescenza, svaccato in
mutande sulla poltrona alla “frittatona di cipolle e rutto libero”, e ho trovato
su Italia1, nell’ordine: The Transporter
seguito da Stone Cold – Forza d’urto.
IO NON CI HO CAPITO PIU’ UN CAZZO. Mi son detto: «chi è quel pelato che si
cosparge d’olio e piglia a calci in faccia la gente coi pedali delle
biciclette?! Idolo assoluto sei già il top assoluto del mio cuore ti amo
prendimi».
E poi ho visto dei metallari volare coi chopper dentro e fuori le finestre di
un palazzo di giustizia americano. Ruffo-uscito-completamente-di-testa.
Fu così che conobbi Jason Statham. Sono passati due o tre anni da
allora, forse quattro o cinque, magari sei, magari anche chissenefrega, ma il
mio rapporto con lui è sempre saldo. Oggi è un amore più consapevole, ho visto
quasi tutta la sua filmografia, e posso spiegarmi meglio i sentimenti che provo
nei suoi confronti:
1)Jason Statham è un idolo. Punto.
2)Jason Statham si fa il culo perché è un personaggio eclettico.
Ma fa film sempre uguali.
3)È inglese nel modo giusto.
4)Fa almeno due film all’anno.
5)Non ha fatto ancora un film simpaticone in cui si prende in giro
(Gnomeo e Giulietta non è mai
esistito, e comunque grazie a dio lì doppia soltanto. Ma tanto non è mai
esistito.)
6)Ha preso parte ad almeno quattro pietre miliari della storia del
cinema che in confronto Bergman e Rossellini son due zarretti da giostre: The Snatch, Crank, Death Race, The Expendables. Ma fin qui non dico
nulla di nuovo.
Considerando che l’ultimo punto è insindacabile per ogni persona
che abbia voglia di capire qualcosa di cinema, si può capire perché ogni volta
che c’è il Jason io smatti.
Dopo che ho visto che Blitz
ERA GIA’ USCITO IN TURCHIA IL 5 DI MAGGIO (e io non mi spiego perché qui in
Italia dobbiamo aspettare come i brubru - non me ne vogliano i turchi, nella
fattispecie gli abitanti di Batman che magari me li ritrovo sul balcone
convinti che io sia il Joker) son stato come un re senza corona e senza scorta a
bussare per una settimana alla sua porta, e alla fine Marinella-Internet ha
fatto il miracolo.
Adesso smetto di dire cagate e parlo del film.
Blitz è il classico film minore inglese di Jason
Statham, uno di quelli che si collocano nel dolce limbo tra le pietre miliari
(vedere sopra) e i rari "aborti: film non solo brutti, ma dei veri e propri aborti" (In The
Name of the King, Chaos). Visto
e considerato che se c’è il Jason smatto, i rari aborti sono riuscito a vederli
con un grado di sopportazione elevatissimo rispetto alla media-spettatore,
quindi a maggior ragione son delle cagate indescrivibili.
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Esatto. |
L’inizio del film è una bomba e scusate ma lo spoilero alla grande
perché non posso non raccontarlo (o meglio, potrei ma sono stronzo): è notte,
Jason dorme, si sveglia, beve a canna un torcibudella alla Renzo Tramaglino, prende
una mazza da hurling, «un misto tra l’hockey e l’omicidio» e va a beccare i
tipici abitanti della notte lodinese: tre pischelli con tuta e cappuccio, di
quelli che nella realtà ne muore accoltellato uno a settimana (o almeno era
così quando vivevo a Londra). Qui avvengono duedicodue misfatti: 1)loro stanno
rubando una macchina 2) il doppiatore del Jason in questo film è il tizio che
dava la voce ai documentari di Sveva Sagramola a Geo&Geo. Ruffo colpito a
morte ma continua a crederci. In dodici secondi netti il Jason gonfia i tre
cappuccetti rozzi come delle zampogne sotto Natale. Stacco. L’indomani –
Interno/Giorno. Lo psicologo della pula gli dice che è malato di violenza, che
tutti i giornali ne parlano e che quindi deve dare un’abbassata al crestino. Il
Jason che è pelato il crestino non lo abbassa, e comincia a dileggiare con
britishness e lieve ironia lo psicologo: «tu hai la penna in mano, hai bisogno
di tenere in mano dei simboli fallici». Poi lo carica e lo minaccia. Stacco. È
morta la moglie del suo capo, la versione piùBritishmachepiùBritishnonsipuò del
commissario Gordon di Nolan (altra città turca – no non è vero): dopo il
funerale lui e il Jason vanno a ubriacarsi. Il capo si fa fottere le ceneri della moglie, ne
ridono entrambi.Stacco. Dato che il suo capo è depresso e affonda l’anima
nella bottiglia, viene sostituito dall’ex commissario del distretto di
Bayswater. Il nuovo commissario è dichiaratamente ghei.
La fine del primo atto di un film spesso consiste nel presentare
il problema, quello che rompe l’equilibrio della situazione di partenza: qui c’è
un tizio che c’ha la fissa di ammazzare i poliziotti e che si fa chiamare Blitz.
Ne ammazza un paio, ovviamente si crea il caso, il Jason che è psicopatico ma
non stronzo ha fatto amicizia col nuovo commissario ghei (com’è giusto che sia)
e indagano assieme, il tizio continua ad ammazzare i poliziotti, finisce che lo
beccano. Senza neanche troppi colpi di scena. Questo è il film,
hollywoodianamente riassumibile in tre righe. E sì che lo sceneggiatore è
quello che ha scritto Moon.
La cosa apprezzabile però è che, come per i migliori film di
genere, nonostante una trama ipersemplificata dove sei costretto a far
succedere cose inutili per tirare avanti, il film ti passa liscio in cinque
minuti. Certo, ci son buttate lì (altro phrasal verb) delle microtematiche inusitate
per connotare i personaggi (l’omosessualità, la droga, la violenza non hanno la benché minima utilità nell'economia del racconto), ma per il resto è un onesto e modesto film inglese con
Jason Statham, con i suoi (pochi)
picchi: Elliot Lester, uno che fa video musicali con Jessica Simpson, è
riuscito a rendere figo un inseguimento a piedi per strada. Il che è un
bell’andare in un film in cui il Jason quando fa lo stronzo fa riderissimo,
quando pesta fa malissimo ma pesta troppo poco.
È la prima produzione della Lionsgate UK, e si vede. Attori (bravi)
inglesi, atmosfera iperlondinese, ostentata attenzione per le minoranze sociali
ed etniche, molti pub con ubriaconi lerci “di quelli che ci piacciono a noi” e
uno strip club con le ciccione.
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Ohhsssììì! |