martedì 6 settembre 2011

Dov'è Iolao? - "In the Name of the King: a Dungeon Siege Tale" - 2008


Annoiato da un post ferragosto milanese dove non c’è “neanche un prete per chiacchierar” (cit. da il Molleggiato), solo en la mia magione, mi metto alla ricerca di un film di nicchia, di quelli che non si guarda nessuno: sono fortunato, trovo la chicca immotivata e inspiegabile.

Vedo che c’è il Jason, e solo dopo noto che ci sono pure Ray Liotta, Burt Reynolds che fa il re e un paio di attori del sottobosco delle produzioni fantasy-fumettare e televisive, ovvero i tizi che hanno fatto Hellboy (Ron Perlman, il quale ha davvero un mandibolone da primato e da primate – idolo delle folle) e Gimli (John Rhys-Davies: lui invece ha la faccia da nonno di tutti, o al massimo da prozio). È una produzione canadese e il regista è tedesco. Posso dichiararmi soddisfatto.

Inizio: in un castello stile Signore degli anelli ma un po’ più kitsch un Ray Liotta travestito da Silvan si sta limonando una tizia bruttarella forte bofonchiando parole d’amor per intortarsela; siamo chiaramente a casa di lei. Si capisce lontano un miglio che Ray Liotta è il mago cattivo, e se la pastura duro per poter intrigare a corte: lei è renitente, fa la preziosa, lui coglie occasione per snocciolare un altro paio di melense minchiate in nome dell’amor, lei lo allontana indecisa. Stacco.

Da un terreno arido e brullo due mani tirano fuori una cipolla di nove chili, chi lo coltiva non può essere altro che il Jason. Passano cinque minuti per far capire che lui è il padre di famiglia saggio e lavoratore, ha un figlio di sette-otto anni che diverrà anche lui padre di famiglia saggio e lavoratore. Il Jason è lì che gli fa la morale sull’esser saggi e lavoratori quando vede dei corvi sulle sue coltivazioni: tira fuori dalla cintola un boomerang (?!?!?!) di un metro e venti e li manda via. Nel frattempo arriva Ron Perlman con al guinzaglio un maiale, dice anche lui due minchiate sull’esser saggi e lavoratori e si autoinvita a cena. La cena è preparata dalla moglie di Fattore (sì, per oggi pomeriggio si chiama così il Jason), una gnocca a sei piani che dimostra che l’esser saggi e lavoratori qualcosa paga. L’indomani lei e il figlio vanno al mercato, Fattore Statham va a coltivare il suo orticello brullo ma con rape da guinness e…
Saggio e lavoratore, saggio e lavoratore...

…vedo una cosa che non avrei mai voluto vedere: Fattore viene attaccato da una manica di orchetti (sì, orchetti) di gomma piuma che sembrano usciti da Hercules. Io crollo. Un film che già vedi che è brutto (il che non è necessariamente un male) t’inciampa sull’orchetto e vola nel baratro. A un quarto d’ora dall’inizio.
Da qui in poi è un’escalation: due ore di Hercules + Signore degli anelli, ma tendente a Hercules. Gli sceneggiatori si sono detti: «dobbiamo fare un film da un videogioco ambientato nel medioevo: mischiamo a cazzo i personaggi di Tolkien fregandocene di tutti i messaggi politici del libro che tanto non interessano a nessuno, cinque minuti e hai elfi, maghi e quant’altro; poi tanto il re è sempre saggio, la bella del film viene rapita, lui si scopre essere il figlio del re anche se è solo un contadino, quattro dialoghi ad minchiam fatti veramenteveramente male, un po’ di computer e poi cannone della buona notte.». Va così: la ragazza che si fa intortare da Ray Liotta è la figlia del mago buono e si fa inseguire dagli orchetti a cavallo (proprio come Liv Tyler, ma cessa), gli elfi vivono nel bosco battendosene del mondo esterno ma si convincono a dare una mano a Burt Reynolds nella battaglia sotto la pioggia simil Fosso di Helm, Ray Liotta ha la fabbrica di orchi costruita in un vulcano da “Caron dimonio dagli occhi di bragia” e li comanda facendosi flash come Frodo quando s’infila l’anello, e mi fermo sennò piango.
Quando c'eravamo noi era tutta un'altra storia...
Sorvolando sulla presenza in una foresta inglese nel medioevo di guerrieri giapponesi (gli immortali - si chiamavano così? - di 300) e su quell’estetica da telefilm finto epico anni ’90, In the Name of the King si rivela miserrimo (parolone), nonostante  si veda Jason Statham correre a papera sulle teste degli orchetti: anche i dialoghi sono disarmanti, e le ambientazioni pure, per risollevare il tutto ci sarebbero voluti Kevin Sorbo, Iolao e almeno un altro paio di milioni di dollari.

Hai appena fatto Crank, perché Jason?

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